
Scontri alla Knesset: proteste delle famiglie degli ostaggi contro Netanyahu
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Violenti tafferugli tra i familiari delle vittime del 7 ottobre e le guardie di sicurezza durante una seduta alla Knesset. Netanyahu respinge la richiesta di un’indagine nazionale
Oggi, 3 marzo, la Knesset, il Parlamento israeliano, è stata teatro di scontri tra i familiari degli ostaggi e gli agenti di sicurezza. Due persone sono rimaste ferite, secondo quanto riportato dal Jerusalem Post. Durante i tafferugli, un uomo, il cui figlio è stato ucciso da Hamas il 7 ottobre, ha perso conoscenza, come riferito dal quotidiano Haaretz.
Le guardie di sicurezza della Knesset hanno negato l’accesso alla galleria riservata ai visitatori a decine di familiari delle vittime, scatenando le proteste. I parenti, chiedendo l’istituzione di una commissione d’inchiesta nazionale sugli eventi del 7 ottobre, hanno cercato di forzare il blocco, ma sono stati respinti con la forza. Alla fine, dopo momenti di alta tensione, i familiari sono stati ammessi alla tribuna. Molti di loro hanno voltato le spalle al premier Benjamin Netanyahu in segno di protesta.
La richiesta delle famiglie e la risposta delle istituzioni
Il gruppo dei “Membri del Consiglio di ottobre”, che rappresenta oltre 1.500 famiglie in lutto e ostaggi, ha rivolto un appello al presidente della Knesset, Amir Ohana, chiedendone l’intervento immediato. In seguito, hanno invocato le sue dimissioni: “La violenza contro le famiglie del Consiglio di ottobre è inaccettabile. Il presidente della Knesset dovrebbe dimettersi oggi. La nostra pazienza sta finendo”, si legge in una nota del gruppo.
Il leader dell’opposizione, Yair Lapid, ha espresso il suo sdegno su ‘X’, dichiarando: “Non c’è limite all’orrore e alla vergogna delle immagini delle guardie della Knesset che allontanano con la forza le famiglie in lutto del 7 ottobre. Amir Ohana è complice di questa vergogna. Nessuno ha mai degradato l’istituzione del presidente della Knesset più di lui”.
Netanyahu e la questione degli ostaggi: tregua a rischio
Nel frattempo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è intervenuto alla Knesset, lanciando un avvertimento a Hamas: “Non possono neanche immaginare le conseguenze” se gli ostaggi israeliani trattenuti nella Striscia di Gaza non saranno rilasciati. Netanyahu ha spiegato che gli accordi sulla tregua sono in stallo, con Israele che ha sospeso l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia in risposta al rifiuto di Hamas di accettare una proroga senza passare alla fase successiva dei negoziati.
Netanyahu ha respinto la richiesta di creare una commissione statale d’inchiesta sugli eventi del 7 ottobre, affermando che sarebbe “una commissione le cui conclusioni sono già state predeterminate e scritte su basi politiche”. Ha invece proposto un comitato indipendente, imparziale e obiettivo, volto a far prevalere “verità e giustizia”.
Le accuse di Hamas e le tensioni internazionali
Dall’altro lato, Hamas ha accusato Israele di ostacolare il processo di tregua e di voler sabotare il rilascio degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi. Osama Hamdan, portavoce di Hamas, ha dichiarato che Israele e Netanyahu stanno lavorando “per il fallimento dell’accordo e cercano di rilanciare l’aggressione contro il nostro popolo”.
A fronte delle critiche internazionali per la sospensione degli aiuti umanitari, il portavoce del governo israeliano, David Mencer, ha accusato Hamas di accumulare le risorse destinate ai civili. “Hamas ha cibo a sufficienza per alimentare un’epidemia di obesità”, ha affermato Mencer, sostenendo che l’organizzazione trattiene i rifornimenti per i propri militanti, lasciando la popolazione senza risorse.
Hamas, tuttavia, insiste sul fatto che l’unico modo per risolvere la questione degli ostaggi sia rispettare gli accordi e avviare immediatamente i negoziati per la seconda fase della tregua.
Un equilibrio fragile: lo stallo della tregua
Le tensioni tra Israele e Hamas sono crescenti, con il rischio di un fallimento della tregua che potrebbe far ripiombare la regione in un nuovo ciclo di violenze. La situazione rimane estremamente delicata, mentre le famiglie degli ostaggi e delle vittime del 7 ottobre continuano a chiedere giustizia e trasparenza sugli eventi che hanno segnato il Paese.
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(con fonte AdnKronos)