Come funziona il poker e perché è uno sport della mente
C’è un filo sottile che collega discipline all’apparenza estremamente diverse come i videogiochi, gli scacchi, la dama, il backgammon, i cruciverba, il blackjack e il poker. Tutti possono essere considerati, a ragione, non soltanto come semplici giochi o intrattenimenti, ma come veri e propri sport della mente. La scienza e la ricerca hanno ormai confermato che per avere successo in queste discipline servono nozioni di calcolo, prontezza di riflessi, valutazione delle probabilità e capacità di problem solving. Oggi approfondiremo l’argomento e scopriremo quali di queste servono nel poker e perché molti lo indicano come un perfetto allenamento per il cervello.
Logica e matematica insieme a velocità di ragionamento. Sono queste le skills necessarie per affrontare un gioco con scarsità di informazioni disponibili come può essere il poker, a maggior ragione il Texas Hold’em in cui i giocatori hanno a disposizione soltanto due carte per iniziare invece delle solite 5 delle varianti più tradizionali. L’attenzione degli studiosi del gioco si è spesso concentrata sulle cosiddette “pot odds”, teoria che mette in relazione la possibile entità di una vincita con la probabilità che essa avvenga. Senza entrare in complessi calcoli matematici: stiamo parlando della valutazione contemporanea di punteggi, valore della propria mano, entità del piatto e possibili mosse degli avversari.
E le capacità matematiche e di calcolo in tempo reale sono ancora più importanti quando si parla di varianti del poker. In versioni di successo come l’Omaha, il Razz e il Seven-Card Stud i punti del poker sono diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati, aspetto che rende i calcoli e le valutazioni mentali ancora più complesse e stimolanti.
Pur tuttavia non è sbagliato affermare che più importanti della matematica pura nel Texas Hold’em (i calcoli sulle carte possono essere imparati facilmente con un po’ di allenamento e pratica) sono la logica e la capacità di problem solving. Il vero segreto per avere successo in questa disciplina è quello di trovare soluzioni a problemi complessi e con informazioni mancanti (non conosciamo le due carte coperte che hanno gli avversari) nel minore tempo possibile e più velocemente dei rivali. Prontezza e capacità di adattamento alle situazioni, quindi, contano quanto l’abilità di calcolare le possibili combinazioni di carte.
Sono proprio questi i motivi per cui nel 2009 il poker sportivo è stato considerato dalla IMSA, l’Associazione Internazionale degli Sport Mentali, come un gioco di mente e abilità. E a dare man forte a questa decisione sono arrivate le conferme di prestigiosi studi scientifici.
Qualche anno fa il New York Times pubblicò i risultati di un importante studio della University of Wisconsin-Madison. In quella ricerca epocale venne sottolineato come le persone anziane che si erano impegnate in giochi di carte come il bridge, il blackjack e il poker avevano un volume del cervello più grande proprio nelle aree adibite al calcolo e ai ragionamenti complessi.
La componente scientifico-matematica del poker ha recentemente attirato anche un’altra categoria di studiosi: quella degli esperti e degli sviluppatori di intelligenza artificiale, uno dei settori più importanti della scienza moderna. È famoso al riguardo l’esperimento fatto da alcuni ricercatori dell’Università di Alberta capaci di creare un algoritmo in grado di cimentarsi con la variante Heads-up limit hold’em in maniera identica rispetto a un essere umano. Un algoritmo capace di prendere decisioni in base alle possibili strade più o meno vantaggiose che può prendere una mano di poker. Sulla stessa linea di ragionamento è nato, qualche anno dopo, il programma Pluribus. Anch’esso basato sulla AI, è in grado di giocare in contemporanea contro molti avversari e durante le sperimentazioni è stato capace anche di battere campioni affermati della disciplina.
Programmi avanzati che, per loro stessa natura, non possono tenere in conto componenti come i tell, i gesti e i bluff dei giocatori “reali” ma che sottolineano ancora una volta come il Texas Hold’em sia ben più di un semplice intrattenimento e di come i suoi meccanismi siano in un certo tal senso “misurabili” e “quantificabili”.
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(AS)
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