
Le “Streghe di Bucha”: volontarie ucraine in prima linea contro i droni russi
Mentre la guerra in Ucraina prosegue oltre i mille giorni, un gruppo di donne resiste tra dolore, addestramento militare e speranze infrante
In Ucraina, il conflitto scatenato dall’invasione russa nel febbraio 2022 continua a segnare vite e territori. Mentre il paese affronta la stanchezza della guerra, un gruppo di donne, ribattezzate “Streghe di Bucha”, si prepara ogni giorno nella foresta vicino Kiev per contrastare i droni kamikaze Shahed forniti dall’Iran alla Russia. Armate e determinate, queste volontarie – per il 90% donne – vedono nella loro missione una lotta per la sopravvivenza: “Non possiamo arrenderci”, affermano.
Molte di loro hanno perso familiari o sono distanti dai propri cari, impegnati al fronte. Nonostante la distruzione e la perdita di speranza in una soluzione diplomatica, trovano nella lotta un modo per trasformare il dolore in azione. Tetyana, 41 anni, originaria di Bucha – città simbolo delle atrocità russe – ha visto il marito e il fratello uccisi, mentre suo nipote è disperso. “La mia famiglia è stata distrutta”, racconta, spiegando che combattere le dà una ragione per incanalare la rabbia.
L’incertezza politica internazionale non aiuta. Le recenti dichiarazioni del presidente eletto statunitense Donald Trump, che promette di “fermare la guerra in un giorno”, preoccupano molti in Ucraina. Una tregua, temono, potrebbe offrire a Vladimir Putin il tempo per riorganizzarsi militarmente. Valentina, insegnante 49enne e nonna, ora volontaria, è scettica: “Non ci si può fidare di Putin. Se si ferma ora, tornerà tra qualche anno”.
Al loro fianco, anche combattenti come Miro Popovich, veterano ucraino-americano, che sottolinea l’importanza di resistere: “La nostra esistenza è in gioco. Non possiamo perdere territori né vite”.
Tuttavia, un recente sondaggio Gallup rivela che il 52% degli ucraini preferirebbe negoziare una tregua per porre fine alla guerra al più presto. Sul campo, il morale è basso e le forze ucraine da mesi si trovano in posizione difensiva. Nonostante ciò, attacchi mirati in territorio russo stanno contribuendo a danneggiare l’infrastruttura militare del nemico, grazie anche all’allentamento delle restrizioni sugli armamenti occidentali forniti a Kiev.
Lo scetticismo verso i negoziati rimane forte. “Quando la Russia firma un cessate il fuoco, non significa che smetta di sparare”, spiega Keir Giles del think tank Chatham House. Mosca, aggiunge, cercherà di concludere il conflitto a suo vantaggio, magari sfruttando un accordo favorevole sotto l’amministrazione Trump.
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(con fonte AdnKronos)
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