
Referendum 8-9 giugno: sfida al quorum per lavoro e cittadinanza
I promotori puntano a portare alle urne almeno 26 milioni di italiani per rendere validi i cinque quesiti abrogativi
Il prossimo 8 e 9 giugno gli italiani saranno chiamati a votare su cinque quesiti referendari: quattro riguardano il lavoro, uno la cittadinanza. Essendo di tipo abrogativo, per la loro validità sarà necessario raggiungere il quorum, cioè il 50% più uno degli aventi diritto al voto, pari a circa 26 milioni di persone su un totale di 51 milioni.
Una soglia tutt’altro che scontata, come insegna la storia referendaria italiana. Dal 1974 ad oggi si sono svolti 72 referendum abrogativi e, con quelli di giugno, si arriverà a 77. Considerando anche gli altri tipi di referendum, il totale delle consultazioni referendarie in Italia salirà a 83, a partire dalla storica scelta tra monarchia e Repubblica del 2 giugno 1946.
Il primo e più celebre referendum abrogativo fu quello del maggio 1974 sul divorzio. Nonostante la forte mobilitazione del mondo cattolico per abrogare la legge Fortuna-Baslini, gli italiani respinsero il quesito con un’affluenza record dell’87,7%. Quel risultato diede il via a una lunga serie di consultazioni che, fino alla metà degli anni ’90, videro quasi sempre il superamento del quorum, con la sola eccezione del referendum sulla caccia del 1990.
Dal 1997, però, la tendenza si è invertita. Negli ultimi 30 anni, solo il referendum del 2011 sull’acqua pubblica ha raggiunto il quorum, con un’affluenza del 54,8%. Tutti gli altri, dal 1997 al 2022, si sono fermati ben al di sotto della soglia necessaria, con il caso emblematico del 2022 sui quesiti riguardanti la giustizia, bloccati da una partecipazione ferma al 20%.
In termini assoluti, dopo il primato del 1974, i referendum con maggiore affluenza sono stati quelli del 1978 sul finanziamento pubblico ai partiti (81,2%), del 1981 su terrorismo e aborto (79,4%), del 1985 sulla scala mobile (77,9%) e del 1993 sul finanziamento ai partiti (77%).
All’opposto, tra le partecipazioni più basse si segnalano il referendum del 2009 (23,3% di affluenza), quelli del 2003 e 2005 (entrambi al 25,5%) e quello del 1997 (30,2%).
Per i promotori dei referendum di giugno – Cgil per i quesiti sul lavoro e il Comitato per la cittadinanza per il quinto quesito – la sfida è quindi tutta nella capacità di mobilitare gli elettori contro la disaffezione e l’astensionismo. La storia recente insegna che sarà una battaglia in salita.
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(con fonte AdnKronos)
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