
Accuse 007 kazako: Trump reclutato dal KGB nel 1987, nome in codice ‘Krasnov’
Alnur Mussayev, ex capo dei servizi segreti kazaki, accusa Donald Trump di essere stato reclutato dal KGB nel 1987 con il nome in codice ‘Krasnov’. Una vicenda che affonda le radici nella Guerra Fredda e solleva sospetti su vecchi legami tra l’attuale presidente degli Stati Uniti e Mosca
Sotto la superficie luccicante del magnate e presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbe nascondersi un segreto compromettente che ha radici lontane, in piena Guerra Fredda. A rilanciare questo sospetto inquietante è una figura proveniente dagli anfratti più oscuri dell’intelligence sovietica: Alnur Mussayev, ex capo dei servizi segreti del Kazakistan, che su Facebook ha lanciato accuse esplosive.
Nel suo post, Mussayev rivela di aver lavorato per il 6° Dipartimento del KGB, l’unità incaricata di reclutare uomini d’affari stranieri come informatori. Ed è qui che il nome di Trump emerge, con un carico di ombre. Secondo Mussayev, nel 1987 un quarantenne imprenditore americano venne avvicinato dagli uomini del KGB durante un viaggio a Mosca. Nome in codice: ‘Krasnov’. Quell’uomo era Donald Trump. Reclutato, secondo l’ex spia, per servire gli interessi di Mosca in un’epoca di tensioni globali.
Gli elementi di questa oscura vicenda affondano nel passato del presidente americano, in un periodo in cui le opportunità di business lo portarono più volte a incontrare funzionari sovietici. Nel 1987, Trump soggiornò a Mosca, ufficialmente per discutere la costruzione di un hotel di lusso. Eppure, secondo Mussayev, non fu solo un’occasione d’affari. “Fu in quell’anno – scrive l’ex agente – che venne siglato un patto segreto con il KGB. Trump era l’uomo perfetto: carismatico, ambizioso, con una sete di potere illimitata”.
Il mistero si infittisce quando, a distanza di anni, Trump sorprende il mondo con una pagina pubblicitaria sui principali giornali americani, attaccando la politica estera degli Stati Uniti. Una mossa che, a posteriori, alcuni critici giudicano come il primo tassello di un piano più ampio orchestrato dai sovietici.
Ma le connessioni tra Trump e la Russia non si fermano agli anni Ottanta. Gli indiziati complottisti ricordano l’acquisto di una villa da 95 milioni di dollari da parte dell’oligarca russo Dmitry Rybolovlev nel 2008, proprio in un momento in cui Trump affrontava gravi difficoltà finanziarie. Una coincidenza che ha sollevato sospetti di operazioni immobiliari orchestrate per favorire l’imprenditore americano, in cambio della sua fedeltà a Mosca.
Le accuse di Mussayev sembrano rianimare le teorie complottiste che hanno perseguitato Trump fin dall’inizio della sua carriera politica. Nel libro “American Kompromat”, il giornalista Craig Unger riprendeva già le stesse tematiche, sostenendo che il KGB avesse costruito con cura il profilo di Trump, coltivando il suo ego e puntando sulle sue ambizioni per trasformarlo in una pedina strategica.
Il nome ‘Krasnov’ non è un nome scelto a caso. Evoca un’oscura figura della storia russa, il generale Piotr Nikolaevic Krasnov, che si schierò con la Germania nazista contro l’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del conflitto, fu consegnato ai sovietici e impiccato dopo un rapido processo.
E ora, in questa moderna saga di potere e tradimento, la figura di ‘Krasnov’ emerge di nuovo, associata a Donald Trump, alimentando sospetti e tensioni. Per Mussayev, non ci sono dubbi: Trump, affascinato dal potere e attratto dalle promesse, sarebbe caduto nella trappola del KGB, trasformandosi, forse inconsapevolmente, in una risorsa strategica di Mosca.
Le prove concrete ovviamente mancano, ma il dubbio rimane e il web si infiamma. In una storia che sembra scritta per un romanzo di spionaggio, Trump si trova al centro di un intrigo che potrebbe riscrivere la storia delle relazioni tra Stati Uniti e Russia.
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(con fonte AdnKronos)
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