Esplosione al deposito Eni di Calenzano: conclusione delle autopsie VIDEO
Le autopsie sulle cinque vittime dell’esplosione avvenuta al deposito di carburanti Eni a Calenzano sono state completate. Si indaga su possibili violazioni norme sicurezza. Video Geopop su possibili cause
Sono state completate le autopsie sulle cinque vittime dell’esplosione avvenuta lunedì 9 dicembre nel deposito di carburanti Eni di Calenzano, vicino Firenze. Le operazioni, svolte da tre medici legali incaricati dalla Procura di Prato presso l’istituto di medicina legale dell’ospedale di Careggi, hanno fornito elementi utili per chiarire le cause del decesso. Nelle prossime ore, verranno condotte le verifiche per l’identificazione definitiva delle vittime, attraverso la raccolta dei campioni di DNA dai familiari. La Procura ha inoltre disposto ulteriori accertamenti genetici, affidati a due esperti, Ugo Ricci e Vilma Pinchi.
Le indagini: responsabilità e possibili violazioni delle norme di sicurezza
Parallelamente agli esami autoptici, la Procura di Prato, sotto la direzione del procuratore Luca Tescaroli, prosegue con l’acquisizione delle testimonianze dei feriti meno gravi e con l’analisi dei documenti ottenuti dalle perquisizioni effettuate negli uffici dell’Eni e delle aziende appaltatrici che operavano nel deposito di Calenzano. Tra queste, la Sergen srl, società incaricata dei lavori di manutenzione straordinaria. I responsabili dei piani di sicurezza del deposito Eni e della Sergen srl potrebbero presto essere i destinatari dei primi avvisi di garanzia.
Le ipotesi di reato sono gravi: omicidio colposo plurimo, lesioni gravi, crollo doloso di costruzioni e rimozione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro. La Procura sta esaminando i piani di sicurezza interni al deposito per capire se siano stati rispettati tutti i protocolli previsti dalla normativa vigente.
Le cause dell’esplosione: prime ricostruzioni e il ruolo della manutenzione
Le prime ricostruzioni indicano che l’incidente potrebbe essere stato causato da un problema tecnico verificatosi durante le operazioni di manutenzione sulla linea 5 della pensilina di carico, adiacente alla zona in cui è avvenuto lo scoppio. Gli investigatori stanno indagando sulla compatibilità tra le operazioni di manutenzione e quelle di carico e scarico del carburante, attività che, secondo quanto denunciato dai sindacati, non dovrebbero svolgersi contemporaneamente.
Massimiliano Matranga, autotrasportatore e sindacalista della Uiltrasporti Toscana, ha sottolineato che, sebbene nei depositi come quello di Calenzano si svolgano spesso operazioni promiscue, la sicurezza percepita è sempre stata alta, grazie ai controlli rigorosi effettuati dall’Eni. Tuttavia, la questione ora è capire se i lavoratori fossero stati correttamente informati dei lavori in corso e se questi siano stati eseguiti rispettando i protocolli di sicurezza.
Le testimonianze dei feriti e la nube prima dell’esplosione
Tra le testimonianze raccolte dai carabinieri, una in particolare ha fornito un elemento cruciale per la ricostruzione della dinamica: uno dei lavoratori ha raccontato di aver visto una nube pochi istanti prima dello scoppio. Questo suggerisce che l’esplosione potrebbe essere stata causata dal mancato scarico dei vapori, un dettaglio che gli inquirenti stanno approfondendo. Altre verifiche si concentrano sul piano di emergenza esterna dell’impianto, già acquisito dalla Procura e considerato un documento chiave per valutare se fossero state adottate le giuste misure di prevenzione e sicurezza.
Il piano di emergenza e le critiche: una valutazione del rischio sottostimata?
Il piano di emergenza esterna del deposito, redatto dall’Eni e depositato in Prefettura, definiva tre fasce di pericolo: una zona rossa di massimo rischio entro 80 metri dal punto di rilascio, una zona arancione entro 130 metri e una zona gialla di attenzione fino a 200 metri. Tuttavia, i danni causati dall’esplosione si sono estesi per diverse centinaia di metri, superando ampiamente le previsioni del documento.
Il sindaco di Calenzano, Giuseppe Carovani, ha espresso preoccupazione, sottolineando che la valutazione del pericolo contenuta nel piano di emergenza si è rivelata “molto sottostimata”. Carovani ha anche aperto alla possibilità di discutere lo spostamento del deposito, ritenendo il piano inadeguato rispetto alla reale entità del rischio.
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(con fonte AdnKronos)
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