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Il tema della sicurezza energetica entra in campagna elettorale e si torna a parlare di nucleare pulito e di ultima generazione. Ma di cosa si tratta? “Cosa si intende per pulito? Qualcosa che non lascia scorie e tracce? Allora il nucleare a fissione non potrà mai essere pulito perché lascia dietro di sé una scia di scorie nucleari che non si sa dove mettere per sottrarle alla possibilità che possano disperdersi, come già successo. Quindi la definizione di nucleare pulito riferito alla fissione nucleare, cioè alla tecnica tradizionale di produzione di energia da fonte nucleare, è una locuzione inventata non da un fisico o ingegnere nucleare”. Così all’Adnkronos Valerio Rossi Albertini, fisico del Cnr.

“Si parla di nucleare di quarta generazione come se la terza generazione fosse operativa e universalmente diffusa invece è la terza attualmente ad essere sperimentale. Le generazioni successive sono delle varianti delle precedenti, la tecnologia sulla quale si basano è esattamente la stessa, la fissione nucleare, cioè la frammentazione di nuclei di metalli pesanti e radioattivi, quali l’uranio ad esempio. E tutte quante le generazioni, dalla prima alla fantomatica quarta, si basano su questo concetto”, chiarisce. “L’evoluzione riguarda semplicemente il metodo per sfruttare al meglio l’energia prodotta e nel contenere e prevenire eventuali guasti con le conseguenze che conosciamo”, rimarca. Eventuali incidenti sono “un pericolo incombente, anche se remoto. Ma quando un pericolo è così grande forse sarebbe il caso di evitare anche la possibilità remota che si possa verificare”.

Ad ogni modo, “al momento non ci sono progetti operativi di nucleare di quarta generazione. Si tratterebbe di piccole centrali diffuse sul territorio, che dovrebbero produrre ognuna poca energia per soddisfare esigenze locali”. Il che pone una “questione seria: la sicurezza è vitale, finché ce n’è una o ce ne sono poche possono essere presidiate. Immaginiamo di avere una centrale di città o nel Comune e che ogni singolo Comune debba farsi carico della sicurezza dell’impianto con uno sforzo economico immenso oltre a tempi di realizzazione lunghissimi”.

Altro tema, la collocazione di questi impianti. “Se non riusciamo a trovare in Italia un sito dove stoccare le scorie nucleari, possiamo immaginare che tanti Comuni italiani partecipino a questa impresa di mettersi una centrale nucleare dentro casa? Secondo me, parliamo di una cosa che non vedrà mai la luce”, osserva l’esperto. Altra soluzione che apre nuovi scenari è legata ad una tecnologia in sperimentazione: “La fusione nucleare è la nuova frontiera perché come la fissione è intrinsecamente instabile e bisogna sempre vigilare perché non si verifichino incidenti, la fusione nucleare è intrinsecamente stabile perché bisogna alimentarla in continuazione perché continui a produrre energia”.

Inoltre “è una fonte praticamente rinnovabile; a differenza della tecnologia a fissione che si basa sull’utilizzo di metalli difficilmente reperibili, la fusione si basa sulle reazioni che coinvolgono l’idrogeno che si ricava dall’acqua. Terzo elemento: nel caso della fusione non ci sono scorie di lungo periodo che devono essere immagazzinate in qualche sito appositamente predisposto perché gli effetti della radioattività si smorzano rapidamente”.

In conclusione: “La nuova generazione di nucleare non è la quarta generazione di fissione ma sarà la prima generazione di fusione, quello sarà il salto qualitativo. E siccome adesso intravediamo la possibilità di realizzare un reattore a fusione nucleare tutte le forze dovrebbero essere convogliate su quel progetto per abbandonare ogni ipotesi di nuova sorgente da fissione e concentrarsi sulla fusione perché è un progetto scientificamente, tecnologicamente ed economicamente molto impegnativo ma che può essere realizzato”. “Ed è importante che si realizzi affinché il 21esimo secolo potrà essere ricordato come il secolo in cui ci siamo affrancati dalla schiavitù dell’energia perché si è acceso il primo Sole in scatola su questa Terra”, auspica Rossi Albertini. Quanto ai tempi di realizzazione “c’è un progetto europeo che dovrebbe vedere la luce in 20 anni. Come quando eravamo in pandemia e ci siamo impegnati nella ricerca rapida del vaccino adesso che siamo in pandemia energetica dovremmo impegnarci e ridurre questi tempi: se si riuscisse ad arrivare alla fusione non tra 20 o 30 anni ma tra 10 sarebbe una svolta epocale: la soluzione di molti problemi. Come la povertà legata alla carenza energetica e l’impatto ambientale della produzione di energia”.

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(AdnKronos)

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