emergenza rifiuti al Sud, carenza di impianti e diseconomie
“Raccolta differenziata e tasso di riciclo restano ancora lontani dagli obiettivi europei, quasi un terzo dei rifiuti urbani finisce ancora in discarica. La carenza di un’impiantistica adeguata e tecnologicamente all’avanguardia per il recupero di materia e la valorizzazione energetica condanna le regioni del Sud Italia a portare in altre aree del Paese o addirittura all’estero quantitativi crescenti di rifiuti organici e rifiuti speciali, rinunciando a opportunità di sviluppo e scaricando sui propri cittadini elevati costi di gestione. Per colmare questo gap e centrare gli obiettivi della circular economy anche in questa parte del Paese saranno necessari investimenti per 5 miliardi di euro”.
Sono queste le principali evidenze che emergono dell’analisi ‘Investimenti in economia circolare nel Mezzogiorno – Una grande opportunità per la crescita verde’, illustrata da Fise Assoambiente – l’Associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali, nonché bonifiche, nel corso di Ecomondo (la fiera per la transizione ecologica in programma fino al 29 ottobre a Rimini).
L’analisi di Fise Assoambiente, partendo da alcuni parametri economici, evidenzia le attuali “lacune del sistema di gestione rifiuti delle regioni meridionali (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) e la necessità di colmare il gap impiantistico per centrare anche in questa parte del Paese gli obiettivi fissati in tema di circular economy”.
Nel 2020 nel Centro-Sud si sono persi “380mila posti di lavoro contro i 220mila del Nord; nel triennio 2015-2018 è stato investito nel Centro-Nord il doppio di quanto investito nel Sud. A questo ritardo economico si accompagna un evidente gap anche nella raccolta e gestione dei rifiuti che al contempo porta però con sé una grande opportunità per un futuro sviluppo ‘green’ di queste regioni. Il divario appare evidente già dal dato relativo alle raccolte differenziate, ferme al Sud al 51% contro il 61% della media italiana e il 70% del Nord”.
Un ritardo che appare “ancora più preoccupante se si guarda agli obiettivi europei che fissano ambiziosi obiettivi al 2035 in materia di economia circolare: 65% di riciclo effettivo e 10% in discarica per i rifiuti urbani, con un conseguente innalzamento al 25% della percentuale di valorizzazione energetica dei rifiuti al fine di chiudere il ciclo”.
“Oggi le regioni del Sud Italia raccolgono circa 2 mln di tonnellate di rifiuti organici (98 kg per abitante). Per centrare gli obiettivi europei bisognerà innalzare a 4 milioni di tonnellate il dato sulla raccolta e imprimere una decisa accelerazione sul fronte della realizzazione di un’adeguata impiantistica di riciclo al passo con i tempi. Ogni anno, proprio a causa della carenza di impianti, circa 900.000 tonnellate di questi rifiuti, circa il 45% dell’organico, lasciano queste Regioni per trovare adeguato trattamento in altre aree del Paese, con evidenti maggiori costi connessi al trasporto e alla gestione che si scaricano sui cittadini, senza contare la perdita di valore per il territorio”.
Nel Mezzogiorno ci sono “75 impianti che trattano 1,3 milioni di tonnellate di materiali; quasi tutti (67) svolgono tradizionale attività di compostaggio, mentre sono pressoché assenti impianti con tecnologie più moderne, in grado di sfruttare questi rifiuti per produrre biocarburanti ed energia elettrica. Per riuscire a trattare i 4 milioni di tonnellate di frazione organica che occorrerà raccogliere al 2035 sarà necessario dotarsi di almeno 20-25 nuovi impianti di digestione anerobica. Proprio questi 4 milioni di tonnellate, cui andrà sommata poco meno di 1 milione di tonnellate di fanghi da depurazione, costituiscono un bacino di circa 5 mln di biowaste da cui partire per rilanciare un’efficace e sostenibile gestione dei rifiuti al Sud”.
“Il conferimento in discarica resta ancora decisamente elevato al Sud, con 2.850.000 tonnellate avviate a smaltimento (31% del totale gestito). Entro i prossimi 14 anni tale quota dovrà essere ridotta al 10% (circa 900.000 tonnellate). Un obiettivo fissato a livello europeo, ma anche un’esigenza strutturale; se non si imprime un deciso cambio di rotta, tra meno di 3 anni le discariche saranno sature e si rischierà di vivere una nuova fase acuta di emergenza rifiuti”.
Inoltre, “l’opzione valorizzazione energetica è ancora residuale al Sud, dove operano solo 6 impianti (contro i 26 del Nord Italia e i 13 della sola Lombardia) che gestiscono circa 1 milione e 100mila tonnellate di materiali. Nei prossimi tre lustri, stando a quanto indicato a livello europeo, la quota di rifiuti avviati a termovalorizzazione dovrà salire al 25%, raggiungendo 2 milioni e 700mila tonnellate. Per poterle gestire sarà quindi necessario pianificare per tempo almeno 5-6 nuovi impianti di taglia medio-grande”.
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