MO: blocchi sulla ricostruzione di Gaza, le resistenze alla proposta Usa
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Paesi arabi e partner internazionali respingono l’ipotesi di ricostruire Gaza solo nella metà controllata da Israele; timori di una divisione permanente
La ricostruzione di Gaza torna al centro delle contese diplomatiche: secondo il Financial Times, fonti diplomatiche riferiscono che gli Stati Uniti avrebbero appoggiato un piano per ricostruire una “nuova” Gaza soltanto nella metà dell’enclave attualmente sotto controllo israeliano. L’idea, avanzata in parte anche dall’ex consigliere Jared Kushner, incontra però resistenze forti tra paesi arabi, turchi, qatarioti ed europei, che temono la trasformazione in una divisione territoriale permanente.
Linea Gialla e due Gaza: perché la ricostruzione di Gaza è controversa
Dall’entrata in vigore del cessate il fuoco mediato dagli Usa, Gaza è di fatto divisa dalla cosiddetta Linea Gialla: Israele controlla una porzione del territorio mentre Hamas amministra l’altra, dove vive la maggior parte della popolazione palestinese. La devastazione dell’enclave — ridotta in gran parte in macerie dall’offensiva israeliana durata due anni — ha reso urgente la ricostruzione, ma l’idea di partire solo dalle aree sotto il controllo israeliano viene interpretata come un passo verso la frammentazione. Il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha avvertito che “Gaza è una e parte dei Territori Palestinesi”, chiedendo tempi certi per il ritiro israeliano.
I rischi geopolitici: alleanze e scontri in vista
Fonti arabe citate dal Financial Times mettono in guardia: “Si prospetta uno scontro tra palestinesi, egiziani, qatarioti, turchi, Stati Uniti e Israele se gli Usa continueranno a sostenere la posizione israeliana su questo tema”, ha detto un diplomatico, sintetizzando il rischio che la ricostruzione di Gaza diventi un catalizzatore di nuove tensioni regionali. Paesi che finanziano la ricostruzione temono inoltre che i fondi finiscano per legittimare una mappa politica che escluderebbe vaste fasce della popolazione palestinese.
La pressione israeliana e le rivendicazioni sugli ostaggi
Sul fronte israeliano continuano le richieste di giustizia e sicurezza: il ministro della Difesa Israel Katz su X ha detto che, “finché tutti gli ostaggi morti non saranno restituiti e finché non sarà distrutto fino all’ultimo tunnel, continueremo ad agire con forza per raggiungere i nostri obiettivi a Gaza”. La questione degli ostaggi e la richiesta di smantellare le infrastrutture militari di Hamas restano elementi centrali nelle trattative sulla ricostruzione.
Hezbollah e la sicurezza sul confine nord: nuovi fronti aperti
Parallelamente, Israele ha inviato messaggi al Libano, lamentando che l’esercito libanese “non sta facendo abbastanza” per disarmare Hezbollah: secondo l’emittente Kan, Tel Aviv segnala contrabbando di razzi dalla Siria al Libano e il ripristino di lanciamissili danneggiati, con nuove reclute arruolate. La preoccupazione per un allargamento del conflitto complica ulteriormente il quadro in cui si discute la ricostruzione di Gaza, perché ogni intervento infrastrutturale potrebbe intrecciarsi con esigenze di sicurezza regionale.
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(con fonte AdnKronos)
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