
Russia, il giudice Momotov rimosso e indagato per legami criminali
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Il presidente del Consiglio dei giudici è accusato di interessi illeciti in una catena di alberghi. Il Cremlino accelera la nazionalizzazione degli asset privati
Cade un’altra testa nell’élite in Russia. Viktor Momotov, presidente del Consiglio dei giudici dal 2016, membro della Corte suprema dal 2010 e del suo Presidium dal 2019, è stato accusato dalla Procura generale di legami con la criminalità organizzata e di interessi illeciti in una catena di alberghi. Un caso che i media russi definiscono già il “Watergate russo”. Il Consiglio della Federazione ha nominato il procuratore generale Igor Krasnov alla guida della Corte suprema appena un giorno dopo il deposito delle accuse.
Secondo l’inchiesta, Momotov avrebbe controllato in modo occulto la catena Marton, con strutture in almeno sette regioni, tra cui Mosca, attraverso l’imprenditore Andrey Marchenko, indicato come esponente della criminalità di Krasnodar. La procura ha disposto la confisca di 95 proprietà – 44 terreni e 54 edifici, tra hotel, spa e locali – per un valore di oltre 107 milioni di dollari. Le indagini ricostruiscono rapporti personali tra i due fin dagli anni Ottanta, quando si conobbero all’università di Kuban, e tracciano un reticolo di passaggi societari a familiari e prestanome per occultare la proprietà.
Marchenko, imprenditore dai trascorsi opachi e con precedenti minori, aveva persino annunciato di voler combattere in Ucraina, salvo poi essere accusato di diserzione. La procura parla di contatti con noti boss locali, sebbene prove concrete non siano state rese pubbliche.
In Russia operazione di potere del Cremlino
Il caso Momotov arriva dopo altre confische eccellenti: dall’ex presidente della Corte suprema dell’Adighezia, Aslan Trakhov, ai beni del giudice Aleksandr Chernov, fino alle nazionalizzazioni di complessi agricoli legati a esponenti della malavita. Secondo Krasnov, solo il suo ufficio ha riportato sotto controllo statale beni per 2,4 mila miliardi di rubli (quasi 30 miliardi di dollari), ma stime indipendenti parlano di oltre 50 miliardi dall’inizio della guerra in Ucraina.
Più che singoli episodi di corruzione, emerge un’operazione di potere: il Cremlino usa inchieste penali e nazionalizzazioni per ridefinire l’establishment e incutere timore, colpendo anche figure fino a ieri intoccabili. Un segnale di un possibile cambio di regime dall’interno, il cui esito resta imprevedibile.
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(con fonte AdnKronos)
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