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Favorire il riutilizzo degli imballaggi in tutta Europa e rendere vincolanti gli obiettivi per il packaging, arrivando a creare un sistema transnazionale. È la strada che indica Zero Waste Europe nel suo ultimo report. La rete europea che lavora per un futuro senza rifiuti evidenzia, in particolare, l’opportunità offerta dai prossimi passi della normativa europea. “Specialmente in vista della prossima revisione del Regolamento sull’imballaggio e i rifiuti di imballaggio dell’UE (PPWR), è fondamentale assicurare che siano create le giuste condizioni e incentivi per rendere il riutilizzo la norma in tutta Europa, partendo da obiettivi di riutilizzo vincolanti e incentivi fino alla creazione di sistemi di riutilizzo transnazionali e interoperabili”.

Le norme Ue

L’intervento comunitario farà seguito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Nelle note a corredo della proposta, gli organi comunitari sottolineano che “la direttiva non è stata in grado di invertire la tendenza nonostante le disposizioni specifiche sulla riduzione al minimo degli imballaggi. La tendenza di crescita – si evidenzia – è stata accentuata dalle nuove abitudini di consumo (ad esempio, consumo durante gli spostamenti, aumento delle vendite online e delle consegne a domicilio)”. L’obiettivo dichiarato dell’UE è ridurre i rifiuti da imballaggio del 15% pro-capite in ciascun Paese europeo entro il 2040. Per ZWE l’unica strada valida per ridurre concretamente l’inquinamento è l’omologazione delle norme tra gli Stati membri.

Le best practice, i Paesi baltici e il ‘miracolo’ Lituania

Omologazione che non sarà facile raggiungere partendo dalla situazione attuale, caratterizzata da norme molto diverse tra gli Stati membri. Non tutti i Paesi, ad esempio, hanno adoperato una politica che incentivi il riutilizzo delle bottiglie per bevande. In questo, la Germania rappresenta un punto di riferimento dato che da decenni raggiunge obiettivi di riutilizzo delle bottiglie per bevande superiori al 40%. Allo stesso tempo nei Paesi Baltici è molto diffuso il deposito su cauzione delle bottiglie, con la Lituania che ha rappresentato un “miracolo del riciclo”. Come riporta economiacircolare.com, questo piccolo Paese è passato in un solo anno dal 34% della raccolta differenziata di bottiglie in PET al 74%, per poi balzare al 92% l’anno dopo. Il deposito su cauzione funziona in maniera molto lineare: come riporta lo stesso blog, in Lituania all’acquisto di una bevanda venduta in imballaggi di plastica, vetro e alluminio da 0,1 fino a 3 litri, ad eccezione di latte, liquori e superalcolici, il consumatore paga 10 centesimi di cauzione, che gli vengono poi restituiti (in contanti o in buoni spesa) quando riconsegna l’imballaggio vuoto in uno degli oltre 2.700 punti di consegna in tutto il Paese. Il Deposit return system viene già adottato in 12 Paesi europei (con una cauzione che va dai 10 ai 25 centesimi per bottiglia) cui seguiranno Grecia, Scozia e Ungheria (2023) e Austria (2025). Non lo hanno adottato, né messo in programma, 11 Paesi su 27, il che comporta un significativo ritardo nel riciclare plastica, vetro e alluminio.

La disputa con i produttori di imballaggi

Il report di Zero Waste Europe riporta come: “I produttori di imballaggi hanno ripetutamente affermato che imballaggi monouso, piccole porzioni e confezioni di verdure aiuterebbe a ridurre gli sprechi alimentari.

Per contrastare questa convinzione, ZWE cita il recente studio dell’UNEP “Single-use supermarket food packaging and its alternatives: Recommendations from Life Cycle Assessments”, secondo il quale “ovunque il tipo di cibo lo consenta, gli alimenti dovrebbero essere venduti non imballati o in imballaggi riutilizzabili”. A questo bisogna aggiungere la valutazione secondo cui lo spreco alimentare dovuto a cattive abitudini di acquisto, preparazione e conservazione del cibo, non sia correlato alla presenza di un imballaggio aggiuntivo. Come sottolinea nonsoloambiente.it, nelle famiglie dell’Unione Europea, negli ultimi due decenni sono aumentati tanto gli sprechi alimentari quanto i rifiuti di imballaggi in plastica. Dunque, non pare esserci una proporzionalità inversa. Secondo i dati dalle Nazioni Unite, circa un terzo di tutta la plastica utilizzata a livello globale è ad uso di imballaggio. Di questi, un terzo finisce disperso nell’ambiente. È utile ricordare che la gerarchia europea dei rifiuti mette in cima alla piramide i concetti di prevenzione e riutilizzo e solo successivamente il riciclo. Il riciclo non è a impatto ambientale zero.

La posizione dell’Italia

Tra le proposte della Commissione vi è quella di realizzare l’80% delle vendite di bevande take-away in imballaggi riutilizzabili o in contenitori portati dai clienti entro il 2040. Trovare una normativa comune non sarà semplice, tra Paesi che richiedono un intervento comunitario più deciso e altri, tra cui l’Italia, che richiedono più libertà. Il Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ritiene che la Commissione europea dovrebbe consentire “maggiore spazio di manovra” all’interno delle norme europee in base alle caratteristiche del singolo Paese.

Lo scenario

All’orizzonte si prospetta l’ipotesi di tradurre il regolamento, per natura valido immediatamente in tutti gli Stati membri, in una direttiva, che per essere vigente nei singoli Stati richiede una legge interna di recepimento. La Commissione muoverà i prossimi passi nella consapevolezza che le nazioni contrarie ad una nuova stretta antiinquinamento non riescano a formare un blocco sufficiente per fermare l’adozione del regolamento.

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(AdnKronos)


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