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Rigassificatori, metanodotti e anche nucleare. Con il caro bollette, la guerra in Ucraina e l’Italia al voto il tema e le sue possibili soluzioni sono al centro del dibattito. Ma di rinnovabili si parla? O l’ennesima emergenza rischia di rallentare la transizione energetica?

Di fronte a una crisi energetica che si preannuncia di lungo periodo, l’Italia deve fare scelte strategiche. Su questo l’Europa è chiara e con il pacchetto “RepowerEU” ha alzato l’asticella chiedendo di portare la quota di rinnovabili dal 40 al 45% entro il 2030. Obiettivo: ridurre di due terzi la dipendenza dal gas russo entro la fine del 2022, portandola a zero entro il 2030. Insomma, la guerra in Ucraina e il caro bollette impongono di trovare soluzioni per uscire dalla dipendenza dal gas, a partire da quello russo, salvando famiglie e imprese dall’impennata dei prezzi. Ma la risposta alla crisi energetica può andare di pari passo con la lotta alla crisi climatica?

Per Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club, “la crisi dettata dagli altissimi prezzi del gas dovrebbe spingere le rinnovabili perché, evidentemente, molto più convenienti con questi prezzi del gas. Tanto che alcuni Paesi hanno deciso di alzare l’asticella: la Germania, per esempio, dopo l’aggressione all’Ucraina, ha deciso di puntare al 100% di rinnovabili elettriche al 2035. Poi, naturalmente, nel breve periodo ci sono altre soluzioni che vengono proposte: rigassificatori, potenziamento dei metanodotti… cose che in parte possono essere anche accettate. Ma la cosa strana è che in Italia si parla poco del contributo che le rinnovabili e l’efficienza energetica possono dare per ridurre la domanda di gas russo e gas in generale ed essere coerenti con gli obiettivi climatici”.

Gli operatori energetici su questo punto si sono già espressi: sono in grado di installare 60 GW di rinnovabili in 3 anni, a patto che si velocizzino al massimo gli iter autorizzativi. Per capire il valore di questi numeri, 60 GW sostituirebbero 15 miliardi di metri cubi di metano e produrrebbero 80 miliardi di kilowattora all’anno. E si stima che in Europa ad ogni 1% di aumento di risparmio energetico si riducano le importazioni di gas fossile del 2,6%.

La crisi energetica che stiamo vivendo in Europa, anche per Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, “contribuirà, ne sono certo, a un maggiore sviluppo delle energie rinnovabili perché solo in questo modo possiamo renderci più indipendenti e raggiungere gli obiettivi già definiti di decarbonizzazione. Se, al contrario, ci fosse un rallentamento rispetto al Repower Eu, vivremmo certamente una situazione di grandissima crisi: primo, perché l’energia che importiamo ci costa e ci costerà troppo; secondo, perché perderemmo l’occasione di sviluppare le filiere industriali sulle nuove tecnologie delle rinnovabili che porteranno a mezzo milione di nuovi posti di lavoro e benefici economici per oltre 300 miliardi da oggi al 2030”.

Italia al voto: lo spazio delle rinnovabili nei programmi

La scelta politica è determinante: se il governo volesse, potrebbe decidere di velocizzare al massimo le pratiche autorizzative e dare il via libera alle rinnovabili. Ma con l’Italia al voto, e l’emergenza energetica che balza in testa all’agenda politica, quale spazio e prospettive dedicano all’energia pulita le diverse coalizioni in campo?

“In questo momento, e forse per la prima volta nella storia di questo Paese, tutti i partiti politici parlano di rinnovabili. Questa è una cosa positiva per il settore e anche da un punto di vista culturale – dice all’AdnKronos Vito Zongoli, consigliere del direttivo Anie Rinnovabili e managing director di Senec Italia – Quello che è fondamentale fare è cercare di non demonizzare misure che sono state efficaci, come il superbonus. Sono misure che vanno chiaramente migliorate, va fatto un lavoro di fino per eliminare tutte le problematiche che abbiamo visto ma vanno evitati i continui cambi di normativa. Se pensiamo al superbonus, le regole sono state cambiate 16-17 volte in un anno. C’è bisogno di continuità. In campagna elettorale ogni partito dice la sua, questo è normale, ma è fondamentale, una volta arrivati al governo, che ci si sieda a tavolino tutti quanti, soprattutto con le associazioni che vanno ascoltate perché sono vicine alle persone e alle imprese, e che si lavori tutti insieme in una direzione che è unica.

Per Re Rebaudengo, “tutti i partiti, e come Elettricità Futura non abbiamo mancato di mandare le nostre proposte, hanno inserito nei loro programmi lo sviluppo delle energie rinnovabili così come tutti i partiti di governo e di opposizione nella nostra ultima assemblea di giugno scorso hanno confermato questa volontà di sviluppo del settore. Certamente, il prossimo governo sarà chiamato a rendere effettivo questo sviluppo e questi obiettivi che abbiamo e quindi a una semplificazione delle norme molto importante perché altrimenti non riusciremo a renderci più indipendenti e a raggiungere l’84% nel 2030 di energia elettrica rinnovabile sul totale dell’energia consumata”.

Più critico Silvestrini: “In realtà, se si assiste ai vari dibattiti, purtroppo il tema delle rinnovabili è molto sottodimensionato: si parla molto di rigassificatori, di potenziamento dei gasdotti… ma di spingere l’acceleratore sulle rinnovabili ne parlano pochi, quando invece dovrebbe essere un tema centrale nella situazione attuale”.

Il ritorno del nucleare?

Si parla invece tanto di nucleare. Una via percorribile? Non secondo gli esperti, e non sarebbe comunque la risposta alla crisi che stiamo vivendo. Per Zongoli “bisognerebbe in qualche caso parlarne un po’ meno perché questo potrebbe distogliere l’attenzione da quello che è il vero traguardo e perché in questo momento parlare di nucleare è un po’ anacronistico. Anche se in Italia volessimo parlare di nucleare, ci vorrebbero 10-15 anni per realizzare i primi impianti e metterli in esercizio. I tempi delle rinnovabili sono molto più veloci e possono dare una risposta immediata all’esigenza di oggi”.

Insomma, realisticamente, i tempi per inserire il nucleare in un dibattito utile non ci sono. Anche per Silvestrini: “anche se si riuscisse ad avere un consenso sul tema, prima del 2035 non si vedrebbe un solo kWh da nucleare, in Italia. Molto più saggio sarebbe puntare con decisione sulle rinnovabili che consentono di eliminare la dipendenza dal gas russo, ridurre le emissioni di CO2 ed essere coerenti con l’obiettivo climatico”.

di Stefania Marignetti

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(AdnKronos)

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