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Per gli Stati Uniti l’annuncio della Russia di aver parzialmente ritirato le truppe per una de-escalation della crisi Ucraina è “falso”. Anzi, negli ultimi giorni la Russia ha aumentato la sua presenza lungo il confine ucraino di ben 7.000 soldati “con alcune” nuove truppe arrivate mercoledì. A ribadire l’accusa a Vladimir Putin sulla mancata de-escalation è stato nella tarda serata di ieri un alto funzionario della Casa Bianca.

Gli Stati Uniti ora sanno che l’annuncio di Mosca sul parziale ritiro era falso: “Ogni elemento raccolto indica la loro volontà di offrirsi in pubblico di parlare, rivendicare una de-escalation mobilitandosi intanto in privato per la guerra”, ha aggiunto. Ci sono anche ulteriori informazioni che la Russia potrebbe “avanzare un falso pretesto in qualsiasi momento per giustificare un’invasione dell’Ucraina”, ha detto ancora, citando come esempio una potenziale provocazione nella regione orientale ucraina del Donbas.

Telefonata Biden-Scholz

“Continua a sussistere il rischio di un’ulteriore aggressione militare da parte della Russia contro l’Ucraina ed è richiesto il massimo livello di vigilanza; non è stato ancora osservato un ritiro significativo delle truppe russe”. E’ quanto si leggeva ieri in una nota del governo tedesco dopo una telefonata tra il cancelliere Olaf Scholz e il presidente Usa Joe Biden.

“Entrambi hanno convenuto che la situazione nella regione deve essere valutata come estremamente grave in vista del massiccio accumulo di truppe russe nella zona di confine con l’Ucraina”, riferiva ancora una nota del governo tedesco.

Blinken

“Gli Stati Uniti non rilevano alcun ritiro di truppe dal confine ucraino da parte della Russia”, ha detto il segretario di Stato Antony Blinken, in un’intervista all’emittente ucraina Ictv. “Non abbiamo ancora visto una rimozione delle forze che circondano l’Ucraina, alcun ritiro, alcun termine delle cosiddette esercitazioni nelle quali la Russia sostiene di essere impegnata”, ha detto ieri Blinken. Washington e i suoi alleati, ha aggiunto, sono preparati a tutti gli scenari: “Se la Russia sceglie la strada della diplomazia, siamo pienamente disposti a confrontarci. Allo stesso tempo, se scelgono la strada dell’aggressione, siamo pronti a rispondere”.

Blinken ha poi ribadito che se Vladimir Putin accoglierà l’appello della Duma “a riconoscere le cosiddette repubblica di Donetsk e Luhansk come indipendenti”, questo “equivarrà ad un rifiuto degli impegni degli accordi di Minsk, che fissano il processo per una piena reintegrazione politica, sociale ed economica di queste parti della regione ucraina del Donbas controllate dalle forza guidata dalla Russia e alleati politici dal 2014”. E questo “minerebbe ulteriormente la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, costituendo una grande violazione del diritto internazionale”. Una scelta del genere da parte del Cremlino, conclude Blinken, “mettere ancora di più in dubbio il dichiarato impegno della Russia di continuare ad impegnarsi a trovare una soluzione pacifica di questa crisi, e – conclude – renderebbe necessaria una rapida e ferma risposta da parte degli Stati Uniti in pieno coordinamento con i nostri alleati e partner”.

Se Vladimir Putin deciderà di invadere l’Ucraina, la Russia ne uscirà “indebolita, non rafforzata”. Lo ha sottolineato Derek Chollet, consigliere del dipartimento di Stato e consigliere politico del segretario di Stato Antony Blinken, nel corso di una videoconferenza con i media internazionali. Come conseguenza dell’invasione ci sarebbe una “probabile insurrezione ucraina” e ci sarebbero “sacche con i cadaveri che tornerebbero a Mosca”, ha aggiunto il funzionario Usa, tracciando uno scenario che, ha detto, si tradurrebbe in una “scelta dolorosa e costosa per la Russia”.

(AdnKronos)

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