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“L’ospedale Emergency di Kabul oggi è pieno. Continuano ad arrivare decine di persone con ferite da arma da fuoco e da mine antiuomo. Però, dall’osservatorio dei nostri ospedali, non solo di Kabul ma anche nelle altre zone, possiamo dire che la situazione è abbastanza tranquilla. Le donne continuano a venire a lavorare, anche senza burqa. Anche se gli afghani si sentono traditi dagli occidentali per l’abbandono avvenuto in meno di 24 ore”. A parlare, in una intervista esclusiva all’Adnkronos, è Rossella Miccio, la Presidente di Emergency, che segue da vicino gli sviluppi in Afghanistan dopo la presa dei talebani.

“Stiamo ricevendo dei feriti da Lashkar Gah”, la capitale della provincia di Helmand nel Sud dell’Afghanistan, “prevalentemente persone che vengono ferite da mine e ordigni inesplosi, anche se non si combatte più attivamente. A Kabul la situazione mi sembra abbastanza tranquilla. Abbiamo ricevuto una trentina di pazienti ieri”.

I feriti di ieri sono stati colpiti da arma fuoco “perché nel paese ci sono ancora tantissime armi, e uno dei problemi reali è proprio la gestione indiscriminata di queste armi, non si sa chi le detiene o chi le gestisce”. Due giorni fa sono arrivati invece i morti dall’aeroporto di Kabul. Quattro in tutto. Ferite da arma da fuoco, come spiega la presidente Miccio “perché le forze dell’ordine avevano sparato per ripotare la calma”, “da noi non sono arrivati coloro che erano caduti dal carrello dell’aereo militare”.

Ma oggi come è la situazione? “Diciamo di sospensione… – risponde Rossella Miccio – c’è tantissima incertezza, stiamo aspettando di capire come si evolverà la situazione. Perché ci sono ancora delle zone piccole nel paese ma molto importanti, come il Panshir che non sono state ancora prese dai talebani su cui sono puntati tutti gli occhi, in questo momento. Noi ci teniamo pronti per tutte le evenienze”.

Emergency come ha vissuto la presa di Kabul? “Sicuramente c’era tantissima paura da parte, soprattutto, dello staff afghano, alimentata non solo dal ritiro anticipato delle truppe internazionali ma anche dall’abbandono del Presidente afghano e dall’evacuazione di tutto il personale delle ambasciate occidentali. Le persone erano veramente smarrite, vedevano che tutti quelli che gli avevano promesso di tutelarli sono scappati, e questo ha generato un panico incontrollato”.

Sulla decisione di alcune ambasciate che hanno abbandonato il posto senza neppure avvertire i collaboratori afghani, Rossella Miccio è molto critica: “Davvero faccio fatica a carpirla, mi sembra davvero un venir meno di un impegno preso con la popolazione. Oltre che un’ammissione di sconfitta totale e il non avere capito nulla di cosa fosse questo paese e di come stare vicino alla popolazione e come aiutarla”. La Presidente parla di “tradimento”, come il medico afghano appena arrivato a Roma da Kabul.

“L’ultima volta che sono andata a Kabul era a febbraio – dice ancora Rossella Miccio – e c’era già tantissima rassegnazione sul fatto che sarebbero andati via i militari ma c’era ancora la speranza che i paesi occidentali restassero vicini alle popolazione. Invece questa fuga con la coda tra le gambe, in meno di 24 ore, ha lasciato tutti senza parole e con tanta disperazione, alimentando le preoccupazioni e le paure, legittime, degli afghani”. “Ma a noi non risulta che sia stato chiesto alle diplomazie occidentali di lasciare l’Afghanistan, né dai talebani né da altri, è stata una scelta autonoma degli occidentali – dice – questo peserà molto sul futuro del paese. Un tradimento per un afghano è qualcosa di importante”.

E le donne afghane? “Nei primi due giorni c’era molta paura – spiega – anche da parte dello staff femminile, soprattutto quelle che lavoravano in Panshir. Per qualche giorno ci hanno chiesto di non venire a lavorare, perché dovevano viaggiare e non si sentivano sicure. Temevano che potesse succedere qualcosa. Ma da un paio di giorni la situazione si sta quasi normalizzando. Lo staff sta tornando in ospedale, anche le donne. Ci dicono che anche lungo la strada da Kabul a Panshir vengono fermati dai check point ma non viene contestato nulla. Ad oggi i timori di un ritorno alle reclusioni dure contro le donne non si sono verificati, anche se non dobbiamo abbassare la guardia”.

“I nostri ospedali che curano tutti sono un punto di osservazione privilegiato – dice – un segnale di forza e di vicinanza della popolazione afghana. Sanno che non solo soli e che ci siamo sempre battuti che le donne potessero lavorare ed essere curate. Abbiamo scuole di formazione a cui accedono molte donne e vogliamo portarle avanti. Sicuramente poter essere lì e continuare questo dialogo insieme a sostegno delle afghane è un segnale importante per loro”.

E sul burqa e il suo utilizzo, Rossella Miccio spiega: “Io ci ho vissuto tanto in Afghanistan, e posso dirvi che il burqa è l’ultimo dei problemi. E’ più un simbolo che noi occidentali utilizziamo per parlare dei diritti delle donne e non il problema reale. Il problema è verificare quanto questa disponibilità dei talebani a garantire i diritti alle donne nella pratica sia realizzabile. Quanto potranno andare a scuola e lavorare eccetera. Noi cercheremo di monitorarlo e fare il possibile affinché venga garantito. Sarebbe importante un impegno grosso della diplomazia occidentale per tutelare i diritti delle donne”.

“Ad oggi anche le nostre colleghe afghane ci hanno detto che nessuno ha chiesto o imposto nulla – spiega – Alcune continuano a venire anche senza burqa, con il velo, che hanno sempre portato in questi anni. Diciamo che non collego il burqa al talebano. Bisogna vedere cosa accadrà nella pratica. Nonostante il Presidente sia scappato ci sono altri esponenti del governo in paese, che sono rimasti al loro posto. Come il ministro della Salute. Diciamo che è una situazione fluida, molto diversa dal 1996, quando sono arrivati i talebani. Per noi la priorità è tutelare la popolazione civile delle afghane e degli afghani”.

Come vede Emergency il futuro prossimo in Afghanistan? “L’area che ci preoccupa di più è quella del Panshir, sappiamo della inimicizia decennale con i talebani. Sappiamo che ci sono in corso discussioni interne nei gruppi afghani. Noi abbiamo lì un ospedale. Conosciamo benissimo la popolazione e i bisogni. E quella zona ci preoccupa di più, perché nel resto del paese i combattimenti sono cessati, c’è una situazione di calma temporanea. E noi siamo lì per stare accanto agli afghani…”.

(di Elvira Terranova – AdnKronos)

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