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Il valore aggiunto dello sbarco di Greta Thunberg alla conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici

C’è una grande impressione di deja vu in questa ennesima conferenza climatica dell’ONU alla fiera di Madrid: è la cosiddetta COP 25 ed è patrocinata dal Cile. Avrebbe dovuto infatti svolgersi a Santiago, che ha però dovuto dare forfait a causa dei recenti moti di piazza.

È oltretutto una conferenza di transizione, perché il bilancio sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l’agenda per gli anni successivi verranno fissati a Glasgow l’anno prossimo.

Il discorso di Gutierrez

Il segretario generale delle Nazioni Unite ha aperto i lavori con un discorso di circostanza, chiedendo retoricamente ai rappresentanti dei 196 Stati presenti se vogliono veramente essere “la generazione che ha messo la testa sotto la sabbia, che si gingillava mentre il pianeta bruciava”. Purtroppo finora è così, un gran fiorire di noiosissimi discorsi e contrattazioni, con stanziamenti miliardari che appaiono ancora lungi dall’aver sortito gli effetti sperati: l’inversione dell’attuale trend di crescita delle emissioni di anidride carbonica, dovuti soprattutto alla combustione di carbone e petrolio, e di aumento del surriscaldamento del pianeta, con lo scioglimento dei ghiacci ai poli e l’innalzamento del livello dei mari. E basti pensare al record di acqua alta verificatosi a Venezia nelle settimane scorse o al record di caldo raggiunto dalle estati degli ultimi anni. Queste conferenze dell’ONU hanno due capisaldi, uno dei quali ormai lontano nel tempo: il trattato stipulato a Kyoto l’11 Dicembre 1997. L’altro è l’accordo di Parigi sottoscritto il 12 Dicembre 2015.

Da Kyoto a Parigi…

E certo dal timidissimo protocollo di Kyoto agli audaci impegni dell’accordo di Parigi il balzo in avanti c’è, direttamente proporzionale all’avanzare della minaccia apocalittica.
Se il primo si accontentava di una riduzione dell’8,65% delle emissioni inquinanti in 175 Paesi, responsabili per il 61,6% del totale di tali emissioni, il secondo, ratificato da 184 Stati, si impegna direttamente a contenere ad 1,5° C l’aumento della temperatura media globale.
Tutti e due i trattati, vergognosamente, non sono stati ratificati dagli Stati Uniti, cioè dal Paese che più di tutti ha provocato i disastrosi mutamenti climatici in atto e, con le prime esplosioni atomiche,  ha provocato l’ingresso della Terra nell’Antropocene, l’era geologica forgiata non più dalla natura, ma dall’attività dell’uomo, arbitro del suo e del proprio destino.

L’era di Greta

Dal 20 agosto 2018, giorno del primo “sciopero scolastico” dell’allora quindicenne Greta Thunberg, i ragazzini provano a salvare il mondo, secondo il titolo della raccolta poetica di Elsa Morante.

Noi vecchi ormai ce la caveremo, lasciando però in eredità ai nostri figli e nipoti un mondo in cui il climate change è l’incombente, massimo problema.

Reduce dalla traversata dell’Oceano “a zero emissioni” in catamarano e poi a bordo di un ecologico treno che l’ha portata da Lisbona a Madrid, ieri Greta si è presentata per la prima volta alla Conferenza ONU, lamentando il nulla di fatto dei FridaysForFutur, con i quali però poi subito dopo ha gremito strade e piazze della capitale spagnola.

Se l’innesto del giovane sangue degli aventi diritto ad un mondo come era stato consegnato a noi sarà servito a rendere più coraggioso e gagliardo questo vertice lo vedremo da oggi a venerdì13 dicembre.

Giancarlo De Palo

 

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