
Siria post-Assad: raddoppiato numero soldati Usa, allarme ritorno Isis
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Il Pentagono conferma la presenza di circa 2.000 soldati Usa e avverte del rischio di evasione di massa dalle prigioni curde
Il Pentagono ha confermato la presenza di “circa duemila” soldati americani in Siria, ben più dei 900 di cui si era a conoscenza fino a ora. Il portavoce del Dipartimento della Difesa, Patrick Ryder, ha chiarito che 900 di questi militari sono impegnati in missioni a lungo termine, mentre le forze aggiuntive sono temporaneamente schierate per far fronte ai “requisiti mutevoli della missione” nel Paese devastato dalla guerra. Ryder ha assicurato che non c’è mai stato alcun tentativo di nascondere il reale numero di unità presenti sul territorio siriano, specificando che i dati precisi sono stati raccolti poco prima della comunicazione ufficiale.
Delegazione Usa incontra i ribelli di Hayat Tahrir al-Sham: primo dialogo dalla caduta di Assad
Nella giornata di ieri, una delegazione statunitense è giunta a Damasco per la prima missione diplomatica dalla fine del regime di Bashar al-Assad. La delegazione ha incontrato rappresentanti del gruppo ribelle Hayat Tahrir al-Sham (Hts), che ha guidato l’offensiva contro le forze lealiste. L’incontro tra il leader del gruppo, Abu Mohammed al-Jawlani (alias Ahmed al-Sharaa), e i funzionari statunitensi è stato descritto come “positivo” da un responsabile siriano, il quale ha espresso fiducia nei risultati futuri. Tuttavia, la conferenza stampa prevista è stata cancellata per motivi di sicurezza, come confermato da Rana Hassan, funzionario dell’ambasciata Usa.
Minaccia Is: prigioni sovraffollate e timori di una “bomba a orologeria”
Dal 2014, le forze statunitensi operano in Siria nel contesto della lotta contro l’Isis (Stato Islamico). Con la caduta del regime di Assad, sono riemersi timori legati alla capacità dell’Is di riorganizzarsi. Migliaia di combattenti dello Stato Islamico e i loro familiari sono detenuti in prigioni improvvisate sorvegliate dalle forze curde, che godono del supporto americano, ma sono limitate in termini di risorse. Queste prigioni, spesso bersaglio di attacchi, sono considerate una “bomba a orologeria” da diversi ufficiali della sicurezza, tra cui un membro dell’antiterrorismo Usa che ha sottolineato il rischio di una potenziale evasione di massa se non si fermano gli attacchi contro le Forze Democratiche Siriane (Fds).
L’Isis riorganizza le forze: preoccupazioni per il controllo su nuove aree
La minaccia dell’Is rimane viva non solo in Siria ma anche in Iraq, dove recenti raid aerei condotti dagli Usa hanno preso di mira diverse postazioni jihadiste. Il gruppo terroristico, approfittando del crollo dell’esercito siriano e dell’accesso a depositi di armi abbandonati, sta estendendo il suo controllo su nuove aree. Fuad Hussein, ministro degli Esteri iracheno, ha lanciato l’allarme sul rischio di fuga dalle prigioni dell’Isis e ha evidenziato la difficile situazione nel campo profughi di Al-Hol, dove il deterioramento delle condizioni di sicurezza potrebbe avere gravi conseguenze per l’intera regione. Nonostante queste preoccupazioni, il premier iracheno Mohamed Shia al-Sudani ha minimizzato il pericolo per il proprio Paese, affermando che i resti dell’Is non rappresentano più una minaccia significativa per l’Iraq.
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(con fonte AdnKronos)
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