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Dal vino all’olio d’oliva, nel 2023 si è ridotto in volume la produzione dell’agricoltura e, ancora di più, il valore aggiunto ai prezzi base (-2%). In calo, anche le unità di lavoro con un -4,9%. A mostrare questa flessione sono gli ultimi dati Istat che hanno messo in scena quanto, gradualmente, il cambiamento climatico non sia più sostenibile per l’economia dell’agricoltura.

Riassorbito, tra le altre cose, l’impatto dell’instabilità dei mercati internazionali di materie prime e di prodotti energetici, permane quello del fattore climatico: volumi in calo nelle coltivazioni, nelle attività dei servizi agricoli e nel comparto zootecnico.

Per una panoramica al dettaglio, la flessione di vino (-9,5%), patate (-6,8%), frutta (-5,3%) e olio d’oliva (-5%) si contra con una crescita delle coltivazioni industriali (+6,2%), cereali (+3,2%) e ortaggi freschi (+2,8%). Così come in crescita sono anche le attività secondarie (+4,1%).

I dati Istat

La stima preliminare diffusa dall’Istat ha mostrato l’andamento economico del settore agricolo nello scorso anno. Una prima causa della graduale mitigazione degli effetti derivanti dall’instabilità dei mercati è stato il conflitto russo-ucraino. L’andamento, però, è stato influenzato principalmente da quelli che sono alcuni fattori climatici.

Cambi repentini di temperature, catastrofi naturali come alluvioni e maltempo, hanno creato dei disastri di elevata entità. I prezzi ancora in crescita hanno registrato una variazione più moderata rispetto al 2022.

L’aumento dei prezzi

I prodotti venduti hanno registrato un aumento dei prezzi (+4,2%) nel 2023, maggiore rispetto a quello dei beni acquistati (+2,3%) invertendo la rotta intrapresa nel biennio 2021-22. L’aumento delle materie prime agricole e dei prodotti energetici avevano influito sui costi di produzione. Per le unità di lavoro è stimata una diminuzione complessiva del 4,9%, a sintesi di una flessione sia dei lavoratori indipendenti (-6,1%) sia di quelli dipendenti (-2,5%).

Negative le coltivazioni

Le condizioni climatiche avverse hanno agito negativamente sulle produzioni. Le temperature primaverili al di sotto della media e le ondate di calore estive da record ne hanno peggiorato la situazione. Complici di ciò, anche la carenza di precipitazione e il clima asciutto durante l’autunno e l’inverno.

Le regioni colpite dal maltempo, quali Emilia-Romagna, Marche, Toscana, sono quelle che ne hanno risentito maggiormente.

Le attività secondarie non agricole, invece, hanno registrato un incremento di oltre il 4%. In sintesi, sono le uniche in positivo, trainate da agriturismi e produzione di energia rinnovabile. L’andamento congiunto dei prezzi dei prodotti venduti (output) e di quelli acquistati (input) ha determinato un miglioramento della ragione di scambio per il settore agricolo nell’anno.

Una panoramica europea

Una panoramica europea sull’andamento dell’economica agricola ha visto il calo più vistoso della produzione in volume in Grecia, Spagna, Danimarca e Paesi Bassi. La crescita si è registrata in Francia, attualmente leader nel settore con 96 miliardi di euro, seguita da Germania con 76,3 e l’Italia con 73,5 miliardi di euro, +2,7% rispetto al 2022.

I dati Istat, inoltre, riportano una diminuzione dell’1,5% dei consumi intermedi in valore per il complesso dei Paesi europei. I prezzi dei beni e servizi impiegati si sono ridotti mediamente per l’Ue27 dell’1% con Spagna, Paesi Bassi e Germania tra i Paesi con le diminuzioni più sensibili e Portogallo, Francia e Italia tra quelli dove, invece, ci sono state variazioni al rialzo.

Si è attenuato lievemente nell’anno l’impatto dei consumi intermedi sul valore della produzione: essi hanno inciso per il 58,4% nel complesso Ue27 (58,9% nel 2022), con percentuali maggiori in Danimarca, Polonia, Portogallo e Paesi Bassi e inferiori alla media Ue27 in Italia, Spagna, Grecia e Romania. La produttività del lavoro in agricoltura, invece, restituisce per il 2023 un valore negativo per l’Ue27 (-6,6%). Le diminuzioni più significative si sono registrate per Danimarca (-25,9%), Polonia (-23,1%) e Francia (-14,4%). Un andamento positivo è stato osservato, invece, solo per Spagna (+11,1%), Portogallo (+9,9%) e Italia (+4,2%).

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