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Il trattato di Dublino, che impone l’identificazione e l’accoglienza del migrante al paese di primo approdo “ci ha penalizzati fortemente. L’Italia è sola ad affrontare questo fenomeno dal momento che l’Europa non garantisce l’equa distribuzione dei migranti disattendendo l’art. 80 del TfUe “Trattato di funzionamento dell’Ue”, che sancisce il principio di solidarietà ed equa distribuzione fra gli stati membri. Guardi cosa sta affermando la Francia per aver accolto una sola imbarcazione Ong, minaccia di chiudere le frontiere con l’Italia!”. Ad intervenire con l’Adnkronos sul comportamento della Francia sul caso migranti è Elda Turco Bulgherini già ordinario di diritto della navigazione all’università di Roma Tor Vergata e presidente dell’Associazione Italiana di Diritto Marittimo (Comitato Romano) che aggiunge: “Questo Governo mi sembra intenda assumere un atteggiamento più rigoroso nella applicazione delle norme. Il così detto Pos, Place of safety, che significa Luogo di Sicurezza e non Porto di Sicurezza può, infatti, anche essere la nave che presta soccorso al naufrago; nel momento in cui si conclude il salvataggio, cessa lo stato di pericolo e l’obbligo del soccorso. In acque internazionali l’unica legge vigente è quella della bandiera che sottopone le persone a bordo alla giurisdizione del paese di bandiera, come sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982”.

“Ne consegue – prosegue Turco Bulgherini – che il migrante mentre si trova in acque internazionali sulla nave che ha prestato il soccorso può essere identificato e presentare richiesta d’asilo attraverso il comandante, che è un pubblico ufficiale con tutte le potenzialità giuridiche atte a farlo. Tra l’altro le stesse Ong sono firmatarie di un Codice di condotta, predisposto dal ministro dell’Interno Minniti nel 2017, che prevede una serie di misure da rispettare, regolarmente disattese. A tutti deve esser chiaro – sottolinea la marittimista – che se l’Italia non è in grado di controllare le frontiere ed accoglie migranti irregolari, ne deriva che, in base agli accordi di Schengen, gli stati membri possono ritenersi legittimati a impedirne la libera circolazione ed ingresso nei loro paesi (come ha nuovamente minacciato la Francia). L’Italia dovrebbe, quindi, insieme con Spagna, Grecia e Malta (paesi particolarmente sottoposti alla pressione migratoria) rivendicare nei confronti dei paesi europei l’osservanza del citato articolo 80 TfUe; se il confine italiano è europeo allora deve essere salvaguardato da tutti i paesi europei, in base al principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità”.

Quali altri interventi correttivi sono prioritari per rimettere ordine alla complicata matassa delle norme internazionali, europee e italiane? “L’Italia dovrebbe chiedere a Malta di ridurre la zona Sar (Search and Rescue, ndr) che delimita l’area in cui ciascun Paese deve prestare soccorso – risponde l’esperta – Malta, invece di sottoscrivere un accordo con l’italia, come normalmente avviene tra paesi frontalieri, unilateralmente ha rivendicato una zona Sar di 250 mila chilometri quadrati, che si sovrappone in parte a quella italiana e a quella della Tunisia. Ma avendo limitati mezzi navali e risorse umane per controllarla, fa attivare l’Italia. Con la crescita del fenomeno migratorio e delle necessità di soccorso in mare, questo punto va rivisto”. “E’ necessario inoltre intervenire sul regolamento di Dublino che stabilisce quale sia il paese che deve procedere alla verifica del diritto d’asilo e andrebbero adottati anche altri criteri per l’inoltro delle domande per favorire l’integrazione del migrante. Ad esempio, adottare il criterio del ricongiungimento familiare o quello culturale ovvero della lingua parlata”. Infine – conclude la marittimista – c’è la ‘mission impossible’: Accordi con la Libia affinché in loco sia (anche con l’ausilio delle organizzazioni internazionali ed umanitarie) verificata la sussistenza delle prerogative al diritto d’asilo (per attivare flussi migratori regolari), che non può essere esteso ai migranti economici. Il World Population Prospects dell’Onu afferma che nel 2050 la popolazione del continente africano sarà raddoppiata e raggiungerà i 2,5 miliardi, ovvero un quarto della popolazione mondiale. Tutti vorranno venire in Europa. L’Italia non può gestire da sola tutto questo e l’Europa deve assumersi concretamente le responsabilità che derivano dal suddetto Trattato”. (di Roberta Lanzara)

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