
Trump sotto scacco su Kiev: l’inutile promessa delle “24 ore”… ma è Putin che detta l’agenda
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Il presidente USA aveva garantito la fine della guerra in un giorno, ma dopo mesi alla Casa Bianca non ha ottenuto risultati. L’amministrazione Usa appare impotente, mentre Mosca mantiene la pressione sull’Ucraina e si fa beffa di Washington
Nel novembre 2024, Donald Trump tornava alla Casa Bianca con una promessa roboante: se eletto, avrebbe fatto finire la guerra in Ucraina “in 24 ore”. Una dichiarazione tanto scenografica quanto, col senno di poi, profondamente irresponsabile. A distanza di mesi dall’inizio del suo secondo mandato, il conflitto continua in tutta la sua brutalità e la strategia diplomatica americana sembra paralizzata, se non totalmente evaporata.
Trump, che aveva costruito parte della sua campagna sulla narrazione dell’uomo forte capace di piegare Putin con la sola forza del proprio carisma negoziale, si ritrova ora spettatore disorientato. Il presidente russo non solo non ha mostrato alcuna apertura a un cessate il fuoco, ma ha intensificato le operazioni sull’asse orientale, mantenendo la pressione su Kiev e sfruttando ogni spiraglio diplomatico per rafforzare le sue posizioni.
I tentativi statunitensi di mediazione sono apparsi deboli, scoordinati e privi di una visione strategica. Al di là di qualche dichiarazione ambigua e di incontri senza concretezza, Trump ha dato l’impressione di voler prendere le distanze da una guerra che non controlla, come se la sua stessa promessa si fosse ritorta contro. Non è lui a guidare la trattativa: è Putin a dettare i tempi e le condizioni.
A questo si aggiunge l’ambiguità dell’amministrazione Trump rispetto agli alleati europei e alla NATO. Dopo aver ribadito in campagna elettorale la sua avversione per le “guerre infinite”, il presidente ha optato per una linea che, più che meno interventista, appare semplicemente rinunciataria. Gli aiuti a Kiev sono rallentati, l’impegno sul fronte orientale è incerto, e l’America sembra aver smarrito quel ruolo di garante dell’ordine internazionale che, piaccia o no, aveva esercitato per decenni.
A emergere è un presidente indeciso, sfuggente, incapace di affrontare la realtà di un conflitto che non si piega agli slogan. L’idea che bastasse “negoziare da uomo a uomo” con Putin si è dimostrata una pia illusione, utile forse a raccogliere consensi interni, ma del tutto inefficace nella pratica geopolitica.
Trump sta collezionando una lunga serie di pessime figure a livello internazionale. Dopo le gaffe nei vertici bilaterali e le tensioni con gli alleati storici, ora si aggiunge il fallimento più grave: l’incapacità di incidere sul conflitto che sta ridisegnando gli equilibri del continente europeo. Gli Stati Uniti appaiono sempre più marginali, Kiev sempre più sola (l’Europa conta poco o niente, e Mosca sempre più aggressiva.
Le “24 ore” di Trump sono scadute da un pezzo. E con esse anche l’illusione che basti il decisionismo presunto per risolvere crisi di portata storica. Il risultato? Un’America che arretra, una Russia che avanza e un presidente, quello americano, che, al di là della retorica, non sa più che pesci pigliare.
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