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Con la morte di Papa Francesco, la Chiesa cattolica si trova di fronte a una scelta cruciale. Sarà possibile proseguire sulla strada della riforma, o prevarranno le forze conservatrici che puntano a riportare l’istituzione a una visione più tradizionale?

Il pontificato di Papa Francesco è stato un periodo di profonda trasformazione per la Chiesa cattolica. Le sue riforme, dalla riorganizzazione della Curia all’attenzione per i poveri, passando per una visione pastorale più aperta e inclusiva, hanno scosso una Chiesa spesso ancorata a pratiche tradizionali. Ma con la morte di Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025, la Chiesa si trova di fronte a un bivio: proseguire su questa strada di riforma o fermarsi, tornando a una visione più conservatrice e istituzionale?

La grande domanda che ora si impone è: esiste un successore che possa proseguire in continuità con Papa Francesco, o assisteremo a una prevalenza delle forze conservatrici che tenteranno di restaurare una Chiesa più tradizionale?

La spinta riformatrice di Papa Francesco

Quando Papa Francesco salì al soglio pontificio nel 2013, portò con sé un’impronta che avrebbe radicalmente cambiato il volto della Chiesa. La sua attenzione ai poveri, l’accento sulla misericordia, la spinta per una Chiesa più inclusiva e la sua politica di apertura verso i divorziati risposati e le minoranze hanno segnato una frattura con il passato. Allo stesso tempo, la riforma della Curia romana, la promozione di una Chiesa meno centralizzata e più vicina alle periferie geografiche e spirituali, hanno segnato un papato che ha voluto mettersi in ascolto del mondo, senza sacrificare la fede.

Francesco ha, in un certo senso, preparato il terreno per un “nuovo umanesimo”, dove il ruolo della Chiesa non è solo quello di preservare la dottrina, ma di essere protagonista nella costruzione di una società più giusta e fraterna. La sua figura è stata anche una risposta alle difficoltà che la Chiesa ha vissuto nei decenni precedenti, in particolare la crisi degli abusi e la crescente disillusione del popolo di Dio.

Ma adesso, dopo il suo passaggio, siamo di fronte a una Chiesa che, pur nelle sue contraddizioni, sembra non poter tornare indietro. Tuttavia, questo non significa che il futuro sarà necessariamente un cammino senza ostacoli.

Le forze conservatrici: il ritorno alla tradizione?

Dopo un pontificato che ha messo in discussione molte delle sicurezze tradizionali della Chiesa, i conservatori sentono la necessità di restaurare un certo ordine e di ripristinare alcune pratiche che, secondo loro, sono state minacciate dalla visione riformista di Francesco. Questi gruppi non sono uniti, ma sono coesi nell’idea che la Chiesa debba rimanere ancorata alla tradizione e alla dottrina stabilita. Tra i temi più controversi, le posizioni su celibato, famiglia e ruolo delle donne sono stati al centro del dibattito. Il rischio di restaurazione non risiede tanto nel ritorno a un passato remoto, quanto nella reintroduzione di una Chiesa che si fa sentire più per la sua autorità e la sua dottrina, piuttosto che per l’umanità e l’inclusività che Francesco ha promosso.

In molti, dentro e fuori il Vaticano, temono che il prossimo pontefice possa cercare di smantellare alcuni degli sviluppi più significativi di questo pontificato. Il celibato sacerdotale, ad esempio, potrebbe tornare a essere una questione centrale, così come la posizione nei confronti dei divorziati risposati e delle coppie omosessuali. Alcuni cardinali conservatori si sono espressi pubblicamente contro l’approccio di Francesco su questi temi, indicando una via più “tradizionale” per la Chiesa.

Ma nonostante il peso di queste forze, la realtà della Chiesa contemporanea potrebbe non permettere una restaurazione completa.

La continuità delle riforme: chi potrebbe essere il successore?

Nel collegio cardinalizio ci sono figure che potrebbero incarnare la continuità con le riforme di Papa Francesco. Alcuni di questi cardinali non sono semplicemente “continuatori” di una visione bergogliana, ma autentici testimoni del cambiamento portato dal Papa argentino. Tra questi, si distinguono figure come:

Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, che ha dimostrato una grande capacità di mediazione e di coinvolgimento nella vita ecclesiale italiana e internazionale. La sua visione inclusiva, la capacità di dialogare con tutte le componenti della Chiesa, lo pongono come uno dei candidati più forti per una continuità riformatrice.

Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, una figura che ha fatto della cultura del dialogo interreligioso e dell’ecumenismo un tratto distintivo della sua azione pastorale. La sua apertura al mondo musulmano e la sua attenzione alla realtà sociale delle periferie potrebbero essere un segno di continuità con l’indirizzo di Francesco.

Víctor Manuel Fernández, teologo argentino, da sempre vicino al pensiero di Francesco, è considerato uno degli interpreti più autentici della sua visione della Chiesa. La sua esperienza nella Dottrina della Fede potrebbe rappresentare una garanzia di stabilità, ma anche di rinnovamento.

Alcuni osservatori potrebbero pensare che queste figure siano troppo “liberali” per il gusto di una parte più tradizionalista della Chiesa, ma in realtà sono anche tra le più pragmatiche, e sanno che un vero cambiamento non può essere imposto dall’alto, ma deve essere il risultato di un dialogo profondo e serio con il mondo moderno e le sue sfide. Tuttavia ci sono nomi molto meno citati ma con chance che potrebbero sbaragliare ogni aspettativa, personaggi che ricalcano appieno il pensiero innovatore di Francesco, per arrivare a un vero e proprio “nuovo umanesimo”. Cardinali di periferia che si sono già “sporcati le mani” nell’accoglienza degli ultimi sul campo.

Il difficile equilibrio: continuità o restaurazione?

Il pontificato che seguirà Papa Francesco dovrà fare i conti con un mondo ecclesiale che è stato profondamente segnato dalle sue riforme, ma che allo stesso tempo si trova a fare i conti con il peso delle forze interne che spingono verso una Chiesa più conservatrice. La grande domanda è se queste forze riusciranno a prevalere, portando la Chiesa a un ritorno a una visione più tradizionale, o se, al contrario, la Chiesa del futuro riuscirà a mantenere il corso avviato da Francesco, senza compromettere la sua identità ma, anzi, evolvendo con i tempi.

In ogni caso, l’elezione del prossimo Papa sarà decisiva non solo per la Chiesa, ma anche per il suo ruolo nel mondo. La Chiesa cattolica dovrà fare i conti con il suo essere un’istituzione millenaria, che si confronta con il modernismo, ma che deve anche ascoltare le urgenze della società contemporanea.

La sfida non è solo dottrinale, ma soprattutto spirituale e pastorale: sarà la Chiesa della misericordia o quella del giudizio? Sarà la Chiesa che dialoga con tutti o quella che si arrocca nelle sue certezze?

L’epoca che viviamo impone una Chiesa che sia in grado di rispondere ai bisogni concreti dell’umanità, senza perdere il suo messaggio universale. E, nel futuro prossimo, sarà chiaro se la Chiesa deciderà di essere segno di speranza e di apertura, o se tornerà a essere una roccaforte di dottrine immutabili.

Stefano Giorgi: “Serve un Papa coraggioso, senza compromessi”

Abbiamo chiesto a Stefano Giorgi *, autore di romanzi, racconti e saggi, noto per la sua capacità di esplorare le profondità dell’animo umano, affrontando temi come le emozioni, la solitudine e la rinascita, un suo parere in tal senso.

“Vi ringrazio per l’opportunità di esprimere un pensiero su un tema che oggi riguarda l’intera umanità. Di solito si dice: ‘Morto un Papa, se ne fa un altro’, ma stavolta l’elezione avviene in un momento di incertezza globale, dove etica e morale sembrano schiacciate da logiche finanziarie e conflitti dilaganti.

Viviamo un tempo in cui masse di persone sono preda di angosce e paure per un futuro mai così incerto. Lo spettro di nuove guerre rende fragili popoli e nazioni, mentre i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi si arroccano nei loro privilegi, respingendo chi fugge da teatri di sofferenza. Organizzazioni mondiali, continentali e federali, che per decenni hanno cercato di contenere questo divario, oggi appaiono fatiscenti e impotenti. Gli stessi valori sanciti nella Carta dei Diritti dell’Uomo vengono regolarmente ignorati.

In questo scenario, è logico sperare che un’istituzione come la Chiesa Cattolica possa essere un punto di riferimento concreto e attivo per la difesa dei diritti umani, capace di influenzare le scelte politiche dei governi verso una maggiore sensibilità ai valori di pace, solidarietà, mutuo soccorso e condivisione delle risorse. Un’aspettativa che, a mio avviso, non riguarda solo il popolo cristiano o cattolico”.

Come pensa che si possa trovare una sintesi tra le varie anime della Chiesa, per dare un nome a queste impellenti esigenze con cui il trono di Pietro sarà chiamato a confrontarsi? Crede che sarà possibile o si andrà verso una frantumazione del potere temporale della Chiesa?

“È difficile dirlo. Penso però che una frantumazione non sarebbe necessariamente negativa. La storia ci insegna che, a volte, sono necessarie cure radicali perché il malato possa guarire. L’importante è che il successore di Papa Francesco abbia le idee chiare e quel carisma che solo un’investitura autenticamente divina può conferire.

Faccio un esempio: il pieno riconoscimento dell’universo femminile all’interno delle istituzioni ecclesiastiche. Se finalmente questo punto, così chiaramente espresso nell’insegnamento evangelico, verrà affrontato e superato, sarà un passo storico. Ben venga allora anche un’”emorragia” di figure non più in sintonia con i tempi.

Lo stesso vale per iniziative concrete a favore degli emarginati, degli invisibili, dei deboli, dei poveri, e di tutte quelle persone discriminate per le loro scelte di vita affettiva. C’è davvero tanta “carne sul fuoco” e il compito del prossimo pontefice non sarà semplice. Credo però che dovrà compiere scelte nette e non negoziabili, fedeli a chi sostiene di rappresentare sulla Terra: quel Gesù che non accettò compromessi e ci mostrò la via e la verità.”

TRUMAN SICILIANO

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* Chi è Stefano Giorgi

Medico e scrittore, è nato nel 1956 a Velletri. Dopo una carriera trentennale nella medicina, dapprima come medico di base e successivamente anche come odontoiatra, ha deciso di intraprendere un nuovo cammino, dedicandosi alla scrittura.

Autore di romanzi, racconti e saggi, Giorgi è noto per la sua capacità di esplorare le profondità dell’animo umano, affrontando temi come le emozioni, la solitudine e la rinascita. Le sue opere riflettono un’intensa osservazione delle fragilità quotidiane, con una particolare attenzione alla fede e alla spiritualità, che si intrecciano nelle sue storie. Fondatore di una comunità cristiana a Velletri, Giorgi continua a coniugare la sua vocazione di scrittore con il suo impegno spirituale, offrendo ai lettori una visione profonda della condizione umana e delle sue sfide.

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(con foto © AdnKronos)

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