Escalation tra Israele e Hezbollah: intensificazione raid, il punto
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Gli scontri tra Israele e Hezbollah raggiungono un nuovo apice con attacchi su larga scala. Crescono le vittime in Libano, mentre migliaia di civili fuggono dalle aree colpite
L’escalation tra Israele e Hezbollah ha raggiunto il suo punto più critico. Il 23 ottobre è stato uno dei giorni più sanguinosi dall’inizio delle ostilità tra i due Paesi, cominciate l’8 ottobre dell’anno precedente, a seguito del sostegno di Hezbollah a Hamas, che aveva lanciato attacchi contro Israele. In risposta, Israele ha intensificato la sua campagna militare, con una serie di raid su larga scala che hanno devastato il Libano.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno confermato di aver colpito oltre 1.300 obiettivi legati a Hezbollah, inclusi depositi di armi nascosti in abitazioni civili nel sud del Libano e nella valle della Bekaa. I civili sono stati esortati a lasciare le aree interessate, con un particolare appello a evitare edifici che ospitano armi, missili e droni. Daniel Hagari, portavoce delle IDF, ha dichiarato che “ci saranno giorni impegnativi”, facendo intendere che gli attacchi continueranno.
Distruzione delle infrastrutture di Hezbollah
Herzi Halevi, capo di Stato maggiore delle IDF, ha spiegato che l’operazione è stata “proattiva e difensiva”, mirata a smantellare infrastrutture costruite da Hezbollah negli ultimi 20 anni. Halevi ha sottolineato l’importanza di queste azioni per consentire il ritorno degli sfollati israeliani nelle zone settentrionali del Paese. Tra gli obiettivi colpiti figurano missili in grado di colpire a centinaia di chilometri e droni utilizzati per operazioni offensive.
Bilancio delle vittime e crisi umanitaria
Il Libano, già in preda a una delle peggiori crisi economiche della sua storia, sta ora affrontando anche una catastrofe umanitaria. Secondo il Ministero della Salute libanese, il bilancio provvisorio degli attacchi è devastante: 492 morti, inclusi 24 bambini e 42 donne, e 1.645 feriti. Il conteggio delle vittime è in costante aggiornamento, poiché le autorità stanno ancora valutando l’entità della distruzione causata dagli attacchi. Il governo libanese, guidato dal premier Najib Miqati, ha accusato Israele di condurre una “guerra di sterminio” volta a distruggere i villaggi del sud.
Fuga di massa dal sud del Libano
Nel frattempo, migliaia di famiglie stanno cercando rifugio lontano dalle zone colpite, fuggendo verso Beirut e il Monte Libano. Code di auto sono state segnalate lungo la strada che collega Tiro alla capitale, con veicoli carichi di donne e bambini in fuga dalle aree più colpite dai bombardamenti. Alcune scuole nelle vicinanze di Beirut sono state aperte per ospitare gli sfollati, ha confermato il Ministro dell’Istruzione Abbas al-Halabi.
Attacchi mirati a Hezbollah e Hamas
Oltre ai raid contro Hezbollah, l’esercito israeliano ha confermato l’uccisione di figure di spicco dell’organizzazione. Tra queste, lo Sheik Ali Abu Riya, un alto funzionario del Consiglio esecutivo di Hezbollah, e due esponenti religiosi, Abdul Moneim Mahna e Amin Saad, uccisi nei raid su Bint Jbeil. Rimane incerto invece il destino di Ali Karaki, leader di Hezbollah nel sud del Libano. Mentre alcune fonti affermano che sia stato ucciso, Hezbollah ha smentito, dichiarando che Karaki è vivo e al sicuro. Anche Mahmoud Al Nader, comandante di Hamas nel sud del Libano, è stato ucciso in un attacco aereo israeliano.
La risposta di Israele e l’avvertimento ai civili libanesi
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele non aspetterà che le minacce si concretizzino, ma le anticiperà, colpendo Hezbollah ovunque e in qualsiasi momento. Netanyahu ha invitato i civili libanesi a lasciare le aree pericolose, accusando Hezbollah di utilizzarli come scudi umani e di nascondere armi nei loro quartieri. Ha anche assicurato che Israele non è in guerra con la popolazione libanese e che, una volta terminata l’operazione, sarà sicuro per loro tornare alle loro case.
Reazione internazionale
La comunità internazionale guarda con preoccupazione all’escalation. Il presidente americano Joe Biden ha confermato che gli Stati Uniti stanno lavorando per una de-escalation del conflitto e ha ribadito l’importanza di evitare un’invasione terrestre da parte di Israele. Il Pentagono ha annunciato l’invio di rinforzi militari nella regione, ma ha fornito pochi dettagli su numeri e posizionamento delle truppe per ragioni di sicurezza.
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(con fonte AdnKronos)
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