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Le “rimozioni dai loro incarichi”, da parte di Volodymyr Zelensky, del capo del servizio di sicurezza Sbu Ivan Bakanov e del procuratore generale Iryna Venediktova, “sospesi temporaneamente – come ha spiegato il consigliere dell’Ufficio del presidente Andriy Smirnov – per indagini sulle loro eventuali responsabilità nei crimini contro la sicurezza nazionale e nel loro collegamento con o servizi speciali della Federazione Russa”, sono soltanto le ultime in ordine di tempo decise dal presidente ucraino nelle ultime settimane.

Se non si conta il licenziamento di oggi, da parte del Parlamento, della ministra per le Politiche sociali Lasebna, che aveva già presentato una lettera di dimissioni, i ‘silurati’ fra i vertici ed ex funzionari dell’amministrazione statale dall’inizio della guerra hanno nomi noti e meno: oltre all’arresto, sempre ieri dell’ex capo del servizio di sicurezza in Crimea Oleh Kulinich, precedenti famosi sono quelli del difensore civico Lyudmila Denisova, licenziata con l’accusa di inventare reati falsi o di aggravarne altri.

La Denisova, formalmente rimossa per decisione del Parlamento, fra l’altro era considerata politicamente vicina all’ex presidente ucraino Petro Poroshenko: quest’ultimo, rivale di Zelensky, a fine maggio doveva recarsi a una conferenza Nato in Lituania, ma gli fu impedito di oltrepassare il confine polacco. Alcuni giorni fa Zelensky aveva licenziato il capo dei servizi segreti a Kharkiv Roman Dudin. Il 28 giugno era stato rimosso il capo dell’amministrazione militare regionale di Kherson Hennadii Lahuta e il vice ministro per il Digitale Senik Dmytro Yurievich.

Il 14 giugno era stato licenziato il capo dell’amministrazione militare di Chernivtsi, oltre al capo dell’agenzia dei Progetti per le infrastrutture Kryvoruchko Olena. A fine marzo era stata la volta del capo del dipartimento sicurezza interna Andriy Olehovych Naumov e il capo dell’intelligence ucraina a Kherson Serhiy Oleksandrovych Kryvoruchko. Le accuse sempre le stesse: possibile tradimento.

Le ‘purghe’ di Zelensky non hanno nel frattempo risparmiato anche il mondo della diplomazia: il 25 giugno il presidente ucraino aveva rimosso dal loro posto gli ambasciatori di Georgia, Slovacchia, Portogallo, Iran, Libano. Il 9 luglio era stata invece la volta degli ambasciatori in Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Norvegia e India. “Ad oggi – ha affermato Zelensky – sono stati registrati 651 procedimenti penali per alto tradimento e collaborazionismo”. Un parlamentare vicino all’ex presidente Poroshenko, Oleg Sinyutka, ha dichiarato in parlamento che “il Paese sta scivolando gradualmente verso una forma di governo dittatoriale”.

(AdnKronos)

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