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Un cambio di passo anche sul fronte delle donne. Con un governo che, finalmente, si tinga spontaneamente di rosa, senza quote o forzature legate al mero calcolo di opportunità. Per ora è più un auspicio che altro, ma la speranza è che l’esecutivo Draghi segni una svolta. “Anche perché – si ammette nei Palazzi – quando la politica fa un passo indietro le donne ne fanno due avanti”. Nella compagine governativa, sarà un caso, ma i nomi delle donne attribuiti ai partiti sono solo tre: quelli di Teresa Bellanova, Emma Bonino e Giulia Bongiorno. Ma anche Maria Elena Boschi avrebbe qualche possibilità. Al contrario, quando si guarda alla metà di campo ‘tecnica’, il totonomi si tinge di rosa, i nomi femminili si fanno finalmente largo anche nei dicasteri di peso.

In barba alla photo opportunity con cui il Mef immortalò su Twitter la consegna del Recovery plan al premier Giuseppe Conte. Quattro uomini immortalati nello scatto -compresi i ministri Roberto Gualtieri ed Enzo Amendola- tanto che nella chat dei cronisti economici qualche giornalista ironizzò: ‘alla faccia dell’enpowerment femminile’, uno dei pilastri del piano per avere le risorse dell’Ue. Con Draghi potrebbero aprirsi nuove opportunità, nel governo ma anche nel tessuto sociale dei Paese: i dati Istat di dicembre restituiscono una fotografia drammatica per le donne, dei 101mila posti di lavoro andati in fumo ben 99mila erano occupati da donne. Numeri che non possono passare inosservati, tanto più a un economista del calibro dell’ex numero 1 della Bce.

Oggi a porre la questione di genere al premier incaricato, nell’ambito delle consultazioni, è stata la senatrice Julia Unterberger (SVP – PATT, UV). “Ho chiesto che la politica di genere venga messo al centro e che in questo governo ci sia un’adeguata rappresentanza di donne”, ha detto poi parlando con i cronisti. Riservando una stoccata al leader della Lega: “Visto che il senatore Salvini nell’arco di 12 ore e’ diventato da sovranista un convinto europeista, forse ‘sto giro diventa anche femminista…”.

Ma torniamo alla componente femminile nel totonomi che impazza. Alla Giustizia sembra fatta per l’ex presidente della Consulta Marta Cartabia, che, al di là della casella, sembra l’unico nome certo del governo Draghi. Sul fronte economico continua a girare con insistenza il nome di Lucrezia Reichlin, che potrebbe essere destinata alla guida del Mise. Per lo Sviluppo economico circola anche il nome dell’ex direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, mentre agli Interni sempre più insistenti i rumors sulla riconferma di Luciana Lamorgese. Altro nome in pole, sul fronte delle donne, è quello della giurista Luisa Torchia, potrebbe essere destinata al ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma non è escluso che ci sia Cartabia a ricoprire uno dei ruoli di maggior peso nel governo, e, viceversa, Torchia alla Giustizia.

Atro nome femminile che rimbalza è quello di Elisabetta Belloni, segretario generale del ministero degli Esteri e volto storico della Farnesina, anche se al dicastero degli Esteri in molti scommettono sulla permanenza di Luigi Di Maio. Sempre una donna potrebbe andare ad occupare la casella dell’istruzione, centrale per le politiche di Draghi: la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni è tra le indiziate, ma viene considerata ‘papabile’ anche al ministero della Salute, sempre che Roberto Speranza non resti al suo posto.

Alla sanità circola anche il nome di Rocco Bellantone, direttore del governo clinico del Gemelli e preside della Facoltà di Medicina della Cattolica di Roma. In sole 3 settimane, Bellantone ha creato e poi diretto il Covid Hospital Columbus Gemelli con 350 posti letto in attivo, le sue capacità gestionali potrebbero anche proiettarlo ad occupare un altro posto non di governo, ma altrettanto determinante: quello del super commissario all’emergenza Domenico Arcuri, finito nel mirino di diverse forze politiche.

Donne ma non solo, naturalmente. Sono tanti i nomi maschili che rimbalzano per un ruolo nel governo Draghi. Tra quelli sulla rampa di lancio, il direttore generale di Bankitalia Daniele Franco, il vicepresidente operativo della Bei Dario Scannapieco, il vicedirettore di Bankitalia Luigi Federico Signorini, ma anche ‘mister spending review’ Carlo Cottarelli e il numero uno dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini. Sono nomi proiettati, naturalmente, su dicasteri di matrice economica. Al dicastero del Lavoro il nome che resta saldamente in pista è quello di Enrico Giovannini.

Quanto ai partiti, per i dem corrono Dario Franceschini, Andrea Orlando e Lorenzo Guerini, anche se resta l’incognita Zingaretti. Per i Cinque Stelle avanti Luigi Di Maio, subito dietro Stefano Patuanelli ma anche Stefano Buffagni che, a sorpresa, potrebbe essere della corsa. Fuori dai giochi il premier uscente Giuseppe Conte, che ha rotto gli indugi ufficializzando il suo no. Per Iv in pole l’ex ministra dell’Agricoltura Bellanova, ma anche Ettore Rosato e Boschi potrebbero essere carte spendibili.

Fi potrebbe entrare con Antonio Tajani, magari al ministero per gli Affari Ue visti i trascorsi, ma anche le due capigruppo, Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini, sono nomi che circolano. Come quello di Mara Carfagna. Per la Lega in cima alla lista resta Giancarlo Giorgetti, Giulia Bongiorno, Riccardo Molinari e Massimo Garavaglia. Ma l’ex sottosegretario alla presidenza del Conte I non dovrebbe avere rivali nella corsa al governo Draghi.

(AdnKronos)

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