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Sesso ai tempi di Covid-19. L’emergenza sanitaria da nuovo coronavirus ha influenzato in modo significativo l’epidemiologia delle malattie a trasmissione sessuale (Mst) in Italia, e in particolare della sifilide. A dimostrarlo è un lavoro osservazionale appena pubblicato su ‘Sexually Trasmitted Infections’ dal gruppo del Centro Mst/Hiv dell’Istituto San Gallicano (Irccs), diretto da Alessandra Latini. “Dall’inizio del lockdown – spiega Latini – abbiamo osservato una drastica riduzione delle diagnosi di infezioni a trasmissione sessuale, in particolare proprio della sifilide”. E i ricercatori non escludono che la paura di Sars-cov-2 abbia giocato un ruolo, riducendo i rapporti.

Il dato è in netto contrasto con il trend di aumento del numero di casi di sifilide registrato negli ultimi due anni, soprattutto nel periodo immediatamente precedente all’isolamento, e in particolare tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini e le persone che vivono con l’Hiv. “I servizi di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive a trasmissione sessuale, rimangono sempre aperti, gratuiti e ‘in sicurezza’ – sottolinea Aldo Morrone, direttore scientifico del San Gallicano – per garantire la continuità assistenziale a questa tipologia di pazienti fragili”.

Ma guardiamo i numeri. Tra il 1 gennaio e il 9 marzo 2020, nel Centro di Mst del San Gallicano sono stati diagnosticati 68 nuovi casi di sifilide, mentre nel primo trimestre del 2019 il numero di diagnosi di sifilide è stato di 25. Rispetto al primo trimestre dello scorso anno, nel primo trimestre 2020 le diagnosi di sifilide sono raddoppiate nelle persone che vivono con l’Hiv, e addirittura quadruplicate tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini. “Si è trattato – evidenzia Alessandra Latini – di un risultato coerente con le tendenze epidemiologiche evidenziate dalla letteratura, che segnalavano un aumento dell’infezione negli ultimi anni”. “Tuttavia – sottolinea Antonio Cristaudo, direttore della Unità di Dermatologia Clinica – tutte le diagnosi relative al mese di marzo sono state effettuate prima del lockdown, e nessun caso è stato più osservato dopo il 9 marzo. E’ probabile che la paura di infezione da Sars-CoV-2 abbia ridotto i rapporti sessuali, conducendo a un vero e proprio declino delle infezioni ad essi correlati”.

Non si può escludere però, aggiungono i ricercatori, che i pazienti abbiano rinviato le visite a causa dei timori legati all’accesso in ospedale durante la pandemia, e che sia anche questa la causa di diminuzione di diagnosi, come è accaduto per altre patologie. “E’ indispensabile – conclude Latini – incoraggiare i pazienti a cercare assistenza nei casi in cui sospettino una malattia a trasmissione sessuale. Il nostro Centro non ha mai sospeso le attività”.

(AdnKronos)

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