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Il clima che cambia mette a rischio il “padrone” dell’Artico, l’orso polare. L’allarme arriva da Marco Casula, tecnico dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) di Venezia e station leader della base artica Dirigibile Italia del Cnr, in coincidenza con il meeting europeo del Fridays For Future, dal 25 al 29 luglio a Torino.

Casula si trova a Ny-Alesund, centro internazionale di ricerca nelle Isole Svalbard, a circa 1000 km dal Polo Nord. “Nell’area delle Svalbard al momento si contano circa 3000 orsi, di questi almeno 800 vivono sulle isole. L’orso polare è un animale attivo tutto l’anno, molto intelligente, silenzioso ed astuto, estremamente adattato all’ambiente in cui vive: ad esempio la sua pelliccia è formata da singoli peli trasparenti e vuoti, che nel loro insieme risultano bianchi perché al loro interno disperdono e riflettono la luce visibile – spiega in una nota – Nonostante riesca a cacciare e a nutrirsi di renne, uova e quant’altro riesca a trovare, l’orso fa sempre più fatica a reperire le foche, ovvero l’alimento base della sua dieta caratterizzata da una carne grassa, in grado di fornirgli le giuste energie per sopravvivere in salute nelle varie stagioni. Il timore è che questa difficoltà possa mettere a rischio questo animale maestoso, all’apice della rete alimentare, un tempo il padrone indiscusso dell’Artico”.

“La causa di questa fragilità, che rende l’orso polare così vulnerabile, è stata nei decenni passati una caccia sconsiderata da parte dell’uomo ma oggi è soprattutto il cambiamento climatico a metterlo in serio pericolo. Negli ultimi 50 anni infatti il ghiaccio marino in Artico, ovvero quella parte di mare ghiacciato su cui l’animale abitualmente vive e caccia, nel periodo estivo è diminuito del 40%. Inoltre è aumentata la frequenza di episodi estremi di aumenti di temperatura come avvenuto questo maggio, in cui si è passati da -20°C a +13°C in un mese”, continua.

“Proprio qui a Ny-Alesund, grazie a diversi strumenti e sensori montati su una torre alta 35 metri, i ricercatori del Cnr hanno registrato un aumento della temperatura media annua in Artico di circa 3 gradi centigradi in soli 10 anni. L’Artico è vittima di quello che stiamo facendo a livello globale, e quello che succede in Artico a sua volta ha un impatto anche sul clima di tutto il pianeta, perché le correnti atmosferiche ed oceaniche connettono questa regione polare con altre zone della terra, con un potenziale effetto sulle stagioni come le abbiamo conosciute finora”, continua.

“Per tutti questi motivi dobbiamo impegnarci tutti per ridurre le nostre emissioni di gas climalteranti. Con le nostre scelte possiamo fare molto, perché la transizione verso un sistema più sostenibile sia il più veloce possibile. Ricordarcelo è ancora più importante in questi giorni in cui i giovani dei Fridays for Future si stanno riunendo a Torino, è soprattutto da loro, dalle nuove generazioni, che attendiamo l’impegno e l’energia per guardare con fiducia al nostro futuro”, conclude.

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(AdnKronos)

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