Putin epura i suoi: colpiti blogger e propagandisti pro-guerra
La nuova purga del Cremlino prende di mira figure un tempo fedeli al regime, accusate ora di essere “agenti stranieri” o “terroristi”
Non ci si meravigli per questo: Putin epura i suoi sostenitori. La macchina repressiva russa, dopo aver zittito i dissidenti, sembra ora rivolgersi verso l’interno. Colpisce proprio chi, fino a ieri, era stato premiato per la lealtà al Cremlino e per il sostegno incondizionato alla guerra in Ucraina. Nomi celebri, fino a poco tempo fa ospiti fissi nei talk show patriottici, vengono oggi marchiati come “agenti stranieri” o addirittura “terroristi”.
Tra loro spiccano l’opinionista Sergei Markov, il blogger militare Roman Alyokhin e la commentatrice della rete statale Rt Tatyana Montyan, di origini ucraine. Tutti e tre simboli del nazionalismo russo più radicale, oggi diventati bersagli della stessa macchina che hanno contribuito a costruire.
Dai salotti televisivi alle liste nere del Cremlino
Secondo il Guardian, la parabola di questi fedelissimi racconta un nuovo paradosso del potere russo. Putin epura i suoi dopo anni in cui l’adesione alla propaganda era garanzia di denaro, visibilità e influenza. Ora, la fedeltà non basta più: Markov e Alyokhin sono stati ufficialmente designati “agenti stranieri”, mentre Montyan è finita nella lista dei “terroristi ed estremisti”, un’etichetta di solito riservata agli oppositori di Alexei Navalny.
La politologa Ekaterina Schulmann osserva che la repressione “ha bisogno di autoalimentarsi”: eliminati i critici della guerra, l’apparato ora colpisce chiunque possa rappresentare un potenziale centro di potere autonomo.
Le rivalità interne e la guerra per le risorse
Dietro la stretta, gli analisti intravedono una frattura tra due fazioni: i “lealisti”, legati al ministero della Difesa e alla propaganda ufficiale, e i “militaristi”, noti come Z-blogger, volontari e attivisti che raccolgono fondi e rifornimenti per il fronte. Questi ultimi, pur sostenendo la guerra, hanno spesso criticato la gestione del conflitto.
“Le autocrazie temono qualsiasi tipo di mobilitazione civica”, ha spiegato Schulmann. E in Russia, anche un movimento patriottico può diventare una minaccia.
A ciò si aggiunge il fattore economico: miliardi di rubli circolano intorno alla guerra. Come sottolinea Ivan Philippov, ricercatore russo, “in sostanza, il loro conflitto è una battaglia per le risorse”. Il potente conduttore televisivo Vladimir Solovyov, volto del campo lealista, avrebbe spinto per un’epurazione dei blogger pro-guerra che raccoglievano più fondi delle organizzazioni vicine allo Stato.
Il paradosso della repressione russa
Putin epura i suoi: lo slogan sintetizza il nuovo volto del potere a Mosca, dove anche i sostenitori più ferventi scoprono l’arbitrarietà della giustizia. “È ironico vedere come chi giustificava la detenzione dei liberali ora si renda conto che chiunque può finire in prigione senza motivo”, ha concluso Philippov.
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(con fonte AdnKronos)
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