
Acconti Irpef 2025: il Governo corregge la norma per evitare aggravi fiscali
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze annuncia un intervento normativo per risolvere i dubbi interpretativi sugli acconti Irpef, evitando aggravi per i contribuenti. L’applicazione delle nuove aliquote per il 2025 sarà realizzata in tempo utile
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) ha annunciato un intervento normativo volto a risolvere i dubbi interpretativi emersi in merito agli acconti Irpef per l’anno 2025, al fine di evitare aggravi fiscali per i contribuenti. La misura, che si applicherà tempestivamente, consentirà l’applicazione delle nuove aliquote fiscali del 2025 per la determinazione degli acconti dovuti.
Il dicastero ha spiegato che sono giunte segnalazioni da parte di alcuni Caf (Centri di assistenza fiscale), che hanno evidenziato un maggior carico fiscale per i lavoratori dipendenti. Secondo l’interpretazione riportata, questi lavoratori si troverebbero a dover versare un acconto Irpef anche in assenza di redditi ulteriori rispetto a quelli già soggetti a ritenuta d’acconto. Tale situazione sarebbe derivata da una disposizione contenuta nel decreto legislativo del 2023, che attua la riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche.
Le modifiche fiscali e l’incongruenza interpretativa
La riforma fiscale prevede una riduzione dell’aliquota Irpef dal 25% al 23% per i redditi tra 15.000 e 28.000 euro e un innalzamento della detrazione per lavoro dipendente da 1.880 euro a 1.955 euro. Tuttavia, questa misura non si applica nella determinazione degli acconti dovuti per gli anni 2024 e 2025, per i quali devono essere utilizzate le aliquote in vigore nel 2023. L’incongruenza evidenziata dai Caf deriva dal fatto che le aliquote, gli scaglioni e le detrazioni erano inizialmente stati modificati in via temporanea per l’anno 2024 e poi stabilizzati per il 2025.
Il Mef ha chiarito che l’intento legislativo era quello di sterilizzare gli effetti delle modifiche Irpef esclusivamente per gli acconti dovuti dai contribuenti con una differenza a debito, cioè coloro che percepiscono redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta. La norma, quindi, non era destinata a incidere sui lavoratori dipendenti e pensionati, che non hanno redditi aggiuntivi e non sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi. Di conseguenza, l’acconto per il 2025 sarà dovuto, con le aliquote 2023, solo nei casi in cui l’importo sia superiore a 51,65 euro, ossia la differenza tra l’imposta relativa al 2024 e le detrazioni.
Le dichiarazioni della Cgil: soddisfazione per l’intervento del Governo
La Cgil e il Consorzio nazionale Caaf Cgil hanno espresso soddisfazione per la riforma, sottolineando che l’intervento del Governo è stato determinante nel correggere una norma che avrebbero potuto penalizzare ingiustamente milioni di cittadini. “La questione sollevata dalla Cgil e dal Consorzio nazionale Caaf Cgil era più che fondata”, hanno dichiarato il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, e la presidente del Consorzio, Monica Iviglia.
Se l’intervento normativo sarà concretamente realizzato, aggiungono i rappresentanti sindacali, i salari e le pensioni di milioni di lavoratori e pensionati non subiranno ulteriori riduzioni, a fronte dell’alta inflazione che ha già avuto un impatto negativo sui redditi di molti cittadini.
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(con fonte AdnKronos)
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