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Se il cambiamento climatico rappresenta un problema di scottante attualità con effetti sempre più devastanti, sarebbe logico aspettarsi un impegno adeguato per cercare di fronteggiarlo, da parte di tutti. A cominciare dalle aziende che con le loro emissioni, contribuiscono in maniera spesso non trascurabile al cambiamento climatico.

Per cercare di capire come si stanno comportando le aziende italiane in fatto di riduzione delle emissioni e quindi di impatto sul cambiamento climatico, Ipsos e il Network italiano del Global Compact delle Nazioni Unite (UNGC) hanno realizzato la ricerca “L’impegno della aziende italiane per il net-zero”. I risultati della ricerca presentati al Padiglione Italia della recente Cop28 a Dubai non sono per nulla incoraggianti. Infatti, solo un’impresa su cinque dichiara di aver adottato un piano strategico coerente per contrastare gli effetti del cambiamento climatico.

Dunque, appare evidente che la strada sia ancora molto lunga, così come risulta necessario sostenere iniziative specifiche a supporto delle attività delle imprese private. In che modo? Primo, con un maggiore coinvolgimento dei soggetti che non hanno ancora messo in atto piani strategici. Secondo, mediante il consolidamento e l’accelerazione dei progressi raggiunti dalle realtà virtuose che stanno perseguendo concretamente la strada verso l’obiettivo net-zero.

I principali dati del report

Uno degli indicatori più emblematici che sono stati evidenziati dalla ricerca Ipsos è il rapporto tra la percentuale di aziende italiane che hanno consapevolezza dell’importanza di temi ambientali, l’88% del campione e il fatto che solo il 10% abbia ben chiaro il concetto stesso di sostenibilità. Come a dire che la gran parte delle imprese italiane non ha idea di quali strategie mettere in atto perché non conosce a sufficienza le questioni di sostenibilità nel dettaglio.

Un dato che si riflette nelle percentuali delle imprese che hanno o meno un piano di azioni per affrontare il cambiamento climatico: il 40% non ha mai promosso alcuna azione in merito, il 38% ha messo in atto delle azioni, ma senza un preciso piano strategico con obiettivi chiari, cosa che invece è stata fatta solo dal 22% degli interpellati.

Percentuali molto diverse tra le realtà italiane che hanno aderito al Network italiano del Global Compact delle Nazioni Unite (UNGC), dove il 64% delle imprese dichiara di avere un piano strategico con obiettivi specifici e solo il 5% non ha mai fatto nulla per contrastare il cambiamento climatico. Riguardo il calcolo delle emissioni aziendali, 8 aziende su 10 che partecipano all’UNGC eseguono tale calcolo, mentre lo fa solo un’azienda su 10 tra quelle che non partecipa all’iniziativa.

Tra i principali ostacoli all’impegno ambientale, per il 34% delle aziende si tratta di limiti economici, seguiti dalle difficoltà burocratiche indicate dal 27% e dalla mancanza di professionalità adeguate per il 27%. Rispetto alla conoscenza dei temi ambientali, i settori che emergono sono Utilities, Food e Moda. Al contrario il settore delle costruzioni, uno di quelli ad elevato impatto ambientale, risulta sui livelli di conoscenza più bassi: 48 rispetto al 78 del settore Utilities. Il settore Utilities e l’Automotive, infine, si distinguono per essere i maggiormente attivi in quanto a iniziative di contrasto al cambiamento climatico, specie per quelle messe in atto seguendo precisi piani strategici con obiettivi specifici.

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(AdnKronos)

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