Gioco pubblico, un settore che si salva da solo?
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Fra l’ondata pandemica e il rincaro dei prezzi, i mercati hanno subìto flessioni importanti e le piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale dell’economia italiana si sono trovate a dover inventare nuovi modi per rimanere a galla.
Non è esente da questa logica il comparto del gioco pubblico, che è tuttavia riuscito in un’operazione di salvataggio e ripresa degna di nota, come racconta un articolo di Italcasino che tira le somme degli ultimi anni e delinea le prospettive per quello corrente.
È il 2022 il vero e proprio anno della rinascita, dopo un 2020 abbastanza tragico per via della chiusura totale dei punti di gioco terrestri e un 2021 alla ricerca di offerte alternative per compensare le perdite e rilanciare il settore.
Il rilancio concretizzatosi nell’anno appena concluso è avvenuto grazie al canale di gioco a distanza, che nel 2022 ha raccolto circa 52 miliardi di euro, con una importante crescita non solo rispetto all’anno precedente, ma soprattutto rispetto all’epoca pre-pandemica. È questa la vera cartina al tornasole e l’anno da prendere come riferimento è il 2019 – l’ultimo non influenzato dall’epidemia mondiale – rispetto al quale l’incremento è stato di oltre il 123%.
Un boom impressionante, che chiaramente trova il suo contraltare nel gemello settore terrestre, i cui numeri hanno avuto un andamento inversamente proporzionale, con un calo senza precedenti.
Il bilancio complessivo è, però, positivo, con un +13% rispetto al 2021. E in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo da un paio di anni, e il cui termine non si prospetta a breve, non ci si può affatto lamentare. Anzi, le previsioni per il 2023 sono davvero rosee e, dopo un 2022 che ha traghettato la filiera dal baratro alla ripresa, l’auspicio è quello che l’anno corrente possa essere un vero e proprio anno zero per l’intera economia di gioco legale.
Tuttavia, se fino a questo punto il comparto se l’è cavata da solo, per realizzare quest’ultimo obiettivo non può più agire in autonomia, ma si rende necessario l’intervento del potere centrale. Sono infatti molti anni che una riforma plenaria del gioco pubblico è richiesta a gran voce da lavoratori, concessionari, operatori e associazioni di settore, ciononostante è stata sempre rimandata. Adesso sembra però arrivato il momento, il punto ics oltre al quale non si può andare. E questa esigenza è connessa a molteplici fattori, due dei quali rivestono particolare carattere d‘urgenza.
Il primo è certamente il contesto internazionale e la situazione dei mercati: le spese in capo alle singole famiglie sono aumentate, come abbiamo visto in questo approfondimento, ed è prevedibile che quelle non essenziali saranno le prime a esser tagliate fuori. Il secondo è correlato alla mutazione stessa che il comparto ha subìto nel biennio 2020-2021 e che tuttora perdura. Gli equilibri si sono infatti stravolti e invertiti e la predominanza del gioco online non sembra intaccata dalle riaperture e dal ritorno alla normalità.
È chiaro che si tratta di questioni in cui non può che intervenire l’esecutivo – da anni delegato dal Parlamento a legiferare in materia – per adeguare regole e controlli a un settore che si presenta del tutto diverso rispetto a quello esistente all’epoca della vigente, e ormai obsoleta, normativa, nonché per adeguare tassazioni e costi in base all’attuale momento economico.
Il lavoro è vasto e articolato, in quanto i punti da toccare sono molti più dei due impellenti sopra individuati e la situazione si è estremamente complicata nel corso degli anni, anche a causa di un’incontrollata legiferazione locale sul tema. Ma affrontare lo scoglio che sta arginando l’evoluzione del gioco pubblico sembra non poter oramai più essere una questione rimandabile.
Si attende, dunque, al varco un cenno da parte del nuovo esecutivo, che faccia trasparire l’intenzione di includere il gioco d’azzardo nell’agenda di governo.
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(AS)
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