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Se ne parla da mesi, soprattutto da quando è stato evidente che la guerra in Ucraina sarebbe durata a lungo. Ora il tetto europeo al prezzo del gas importato dalla Russia diventa un’opzione più concreta. La tensione sta salendo e sta maturando la consapevolezza che sia l’unica strada percorribile per fermare una corsa che rischia di mettere in ginocchio l’economia continentale. Nonostante il ricatto di Mosca sia sempre sul tavolo e nonostante i toni non siano stati mai così espliciti.

Nello scambio tra la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, “credo fermamente che sia arrivato il momento di fissare un tetto massimo al prezzo sul gas russo diretto in Europa” e il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, Dmitry Medvedev, il gas russo “non ci sarà in Europa se l’Ue deciderà di introdurre un price cap” c’è la sintesi migliore di una partita che può essere arrivata al suo momento decisivo.

Come sostiene da mesi il premier Mario Draghi, una soluzione condivisa a livello europeo può avere la forza di vanificare una delle principali armi che Putin sta utilizzando per neutralizzare l’effetto delle sanzioni internazionali e mettere pressione all’Europa. E rispetto a giugno, quando a Bruxelles si è deciso di non decidere, la situazione è cambiata e decisamente peggiorata. Il ritardo accumulato ha un costo, che si pensava potessero pagare soprattutto i Paesi ancora dipendenti da Mosca, Germania e Italia più degli altri, ma che invece sta riguardando tutti. Le conseguenze dell’aumento dell’inflazione, e la loro proporzione, contribuiscono a far cadere le resistenze nazionali. A questi livelli, è l’intero sistema produttivo europeo che non regge. Per questo anche i tedeschi hanno cambiato idea e per questo l’opposizione dei Paesi del Nord, guidati dall’Olanda, sta perdendo terreno.

E’, come sempre, una questione di costi e benefici. Mettere il tetto può voler dire dover rinunciare al gas russo, prendendo per buona la nuova minaccia di Mosca, e questo ovviamente ha un prezzo. Sarebbe necessario ridurre i consumi e continuare a fare sforzi consistenti per sostituire le fonti di approvvigionamento. E l’inverno sarebbe sicuramente più difficile da affrontare. Ma può essere anche la strada per accorciare i tempi della guerra e, di conseguenza, della crisi energetica. Soprattutto può essere il modo per sottrarsi definitivamente al ricatto russo, per lavorare a una reale indipendenza sia sul gas sia sul petrolio, e per ritrovare un’Europa capace di far valere il peso di un’entità politica finalmente coesa. La strada è tutta in salita ma i tempi per una prima svolta, forse, sono maturi.

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