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Natale amaro per il pandoro Paluani e i torroni Pernigotti. Le due storiche aziende dolciarie, la prima con sede a Dossobuono (Verona), l’altra con lo stabilimento a Novi Ligure (Alessandria) sono in crisi tanto che la campagna natalizia si è conclusa molto sottotono. Una produzione di panettoni e pandori praticamente dimezzata per Paluani e addirittura ferma per i prodotti continuativi (merendine). Produzione ferma anche per i prelibati torroni e nocciolati Pernigotti, tanto che questi prodotti sono letteralmente spariti dagli scaffali dei supermercati in questi giorni. Fiato sospeso dunque per i lavoratori in attesa che nuovi investitori si facciano avanti per risollevare le sorti sia dell’una che dell’altra industria. Qualche barlume di speranza c’è ma eventuali trattative sono top secret.

Intanto è normale che serpeggi una grande preoccupazione a livello occupazionale da parte dei sindacati perché i lavoratori di entrambe le aziende sono in cassa integrazione straordinaria, si direbbe accomunati quindi da un destino negativo anche se per vicende proprietarie diverse.

E’ notizia di questi giorni l’attivazione della cigs a rotazione per i 57 dipendenti (erano 150 inizialmente) di Paluani (dal 13 dicembre) che terminerà il 31 gennaio. L’auspicio è che per quella data si possa ripartire con la campagna dei dolci di ricorrenza pasquali come colombe e uova di cioccolato. Inutile dire che anche centinaia di lavoratori stagionali sono stati fortemente ridotti rispetto alle centinaia impiegati in epoca pre covid.

Come evolverà la situazione non si sa ancora, l’orizzonte è febbraio prossimo avendo la società presentato un concordato presso il Tribunale di Verona e terminando la procedura concorsuale (iniziata a febbraio 2021) entro un anno, quando i commissari dovranno valutare la ristrutturazione del debito e omologare o meno il concordato. Paluani ha subito un vero e proprio tracollo finanziario a causa del fallimento del Chievo, la squadra di calcio di cui era presidente, l’attuale presidente di Paluani, Luca Campedelli. L’azienda vanta crediti dal Chievo per 3,5 milioni di euro.

“Su Paluani si è scatenata una tempesta perfetta, già tra il 2020 e il 2021 il settore dolciario ha subito una contrazione dei consumi e quindi cali di fatturato, dall’altra parte ha inciso in maniera determinante la vicenda del Chievo. Sappiamo che ci sono trattative in atto – fanno sapere i responsabili di Flai Cgil Veneto e di Verona – certo è che l’anno prossimo quando ci sarà una interlocuzione tra le parti se la situazione non presentasse segnali positivi saremmo costretti a interessare il Mise, la Regione Veneto invece si è già attivata con una unità di crisi”.

Vicende diverse per il marchio di cioccolateria italiana di proprietà turca, ma altrettanto preoccupanti per il quale c’è stato già l’apertura di un tavolo al Mise. Questa vertenza ha avuto una maggiore visibilità mediatica anche per l’occupazione della fabbrica ma servono prove tangibili del rilancio del marchio e della attesa riorganizzazione dello stabilimento per la quale appaiono decisamente insufficienti i 4 milioni di euro di investimenti.

I dipendenti, circa una settantina (nel 2018 erano più di 200) di Pernigotti sono già in cigs fino a giugno. Pernigotti è di proprietà della holding lussemburghese Sagra di Toksöz Group della famiglia turca Toksöz, sono già in cigs. Nei giorni scorsi però, a quasi un mese di distanza dal tavolo al Mise del 24 novembre, a cui partecipò anche la famiglia Toksoz e rappresentanti istituzionali sia nazionali che territoriali, durante il quale la proprietà aveva annunciato ipotesi di investimenti da parte di altri partner e 200 mila euro per l’acquisto di nuovi macchinari, è giunta una notizia confortante ovvero che “a gennaio i lavoratori (sempre a rotazione con la cigs straordinaria) saranno coinvolti nella la campagna delle ovette di Pasqua” riferisce all’Adnkronos Lello Benedetto segretario generale Flai Cgil di Alessandria che ha partecipato ad una riunione con la responsabile del personale di Pernigotti. I sindacati hanno chiesto un nuovo incontro a gennaio al Mise e sembra ci sia disponibilità, a farlo anche se non c’è ancora una data.

Tuttavia è stata data anche una notizia negativa: “l’atteso nuovo macchinario per confezionare le creme spalmabili non è ancora pronto, ne è arrivato solo la metà” spiega Benedetto. La crisi è iniziata nel 2018 quando l’azienda ha annunciato che voleva tagliare i rami secchi perché i Toksoz hanno altre attività, ad esempio nel campo farmaceutico, e Pernigotti era un ‘ramo secco’, poi c’è stata l’occupazione della fabbrica, ci fu l’interessamento di Luigi Di Maio all’epoca ministro del Lavoro. Arriviamo all’anno scorso quando Pernigotti decide che deve rilanciare il marchio, anche se , nel frattempo, sono andati via ben due direttori di stabilimento nell’arco di due anni. Poi l’impegno di far arrivare subito nuovi impianti con il piano di riorganizzazione dal momento che erano stati smontati parecchi macchinari.

Attualmente i prodotti Pernigotti in circolazione sono solo gianduiotti e praline che è possibile acquistare nei negozi degli aeroporti ma si sa che è una produzione precedente. “La nostra preoccupazione più grande è che a giugno del 2022 finiscono tutti gli ammortizzatori sociali. Se la situazione dovesse essere stagnante come oggi a gennaio o a febbraio riprenderemo le azioni di lotta e non escludiamo di nuovo l’occupazione dello stabilimento” dichiara Lello Benedetto.

(AdnKronos)

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