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Dal massacro del 7 ottobre 2023 alla recente escalation: un conflitto che ha causato migliaia di morti tra israeliani, palestinesi e libanesi, con ostaggi e bombardamenti

Il 7 ottobre 2023, Hamas ha lanciato un massiccio attacco coordinato contro Israele, scatenando uno dei conflitti più violenti e devastanti degli ultimi decenni. L’assalto, descritto dalle autorità israeliane come “il peggior massacro dall’Olocausto”, ha avuto conseguenze devastanti per entrambe le parti. Più di 1.200 israeliani sono stati uccisi, mentre circa 42.000 palestinesi hanno perso la vita nella Striscia di Gaza, dove si è innescata una crisi umanitaria senza precedenti. Anche il Libano è stato coinvolto, con oltre 2.000 vittime.

Alle 6:30 di quel fatidico giorno, le sirene antiaeree iniziarono a suonare su Gerusalemme e Tel Aviv, mentre oltre 2.200 razzi venivano lanciati dai miliziani di Hamas verso il centro e il sud di Israele. Hamas non si limitò agli attacchi missilistici: centinaia di uomini armati, molti dei quali in motocicletta, invasero le comunità israeliane al confine, prendendo d’assalto il rave party Nova nel deserto del Negev e diversi kibbutz. L’ONU ha definito l’attacco “coordinato e complesso”, con un bilancio di 809 civili israeliani uccisi, tra cui 280 donne e 40 bambini, e 314 soldati morti.

L’operazione di Hamas, chiamata “Diluvio di Al-Aqsa”, è stata giustificata dai leader del movimento come una risposta difensiva alle restrizioni e all’assedio imposto alla Striscia di Gaza. Poco dopo l’attacco, il comandante in capo delle Brigate Al Qassam, Mohammed Deif, ha rilasciato una dichiarazione video in cui ha rivendicato l’operazione come un passo necessario per “porre fine all’ingiusto assedio” della Striscia.

La rappresaglia israeliana è stata rapida e devastante. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che “Israele è in guerra”, e per la prima volta dalla guerra arabo-israeliana del 1973, il Paese ha mobilitato 300mila riservisti. Nel corso delle settimane seguenti, l’aviazione israeliana ha lanciato una serie di raid aerei contro Gaza, distruggendo infrastrutture strategiche e obiettivi chiave, inclusa la moschea Al-Sousi a Gaza City. I combattimenti si sono intensificati anche al confine nord di Israele, con Hezbollah che ha lanciato attacchi missilistici contro comunità israeliane.

Sul fronte diplomatico, il presidente statunitense Joe Biden ha rapidamente espresso solidarietà a Israele, affermando che il Paese ha il diritto di difendersi dagli attacchi. Il 18 ottobre, Biden ha visitato Israele, dove ha incontrato Netanyahu, ma ha anche avvertito Israele di evitare di commettere gli stessi errori fatti dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre. Nonostante la condanna internazionale dell’attacco di Hamas, Biden ha chiesto agli israeliani di esercitare cautela per prevenire un’ulteriore escalation.

Un fragile cessate il fuoco è stato raggiunto il 24 novembre 2023, durato solo sette giorni, durante i quali Israele ha rilasciato 240 prigionieri palestinesi in cambio di 105 ostaggi israeliani catturati da Hamas. Sembrava l’inizio di un potenziale processo di pace, ma la tregua è crollata, e le violenze sono riprese con ancora maggiore intensità. Israele ha aumentato i bombardamenti su Gaza e ha lanciato operazioni di terra mirate contro i capi militari di Hamas e Hezbollah.

La situazione è ulteriormente degenerata nei mesi seguenti. Nel gennaio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di prendere misure per prevenire un genocidio nella Striscia di Gaza, ma il conflitto non ha conosciuto tregua. Gli attacchi si sono estesi anche al Libano e all’Iran. Il 13 aprile, Teheran ha lanciato 300 missili e droni verso Israele, la maggior parte dei quali abbattuti, in risposta all’uccisione di un comandante delle forze Quds in Siria.

Il 1° ottobre 2024, con il lancio di 180 missili da parte dell’Iran verso Israele, si è temuto un ulteriore peggioramento della situazione, con la prospettiva di una guerra totale nella regione. Mentre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU continua a lavorare per un cessate il fuoco duraturo, la situazione rimane tesa e imprevedibile, con oltre 44.000 vittime e decine di migliaia di feriti e sfollati.

Ad oggi, il bilancio delle vittime ha superato le 44mila persone, e il conflitto non sembra avere una soluzione vicina. Gli sforzi diplomatici continuano, ma il rischio di ulteriori escalation militari resta elevato.

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(con fonte AdnKronos)

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