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Cetacei spiaggiati sulle coste italiane: sono 162 gli esemplari rinvenuti spiaggiati lungo le coste dell’Italia nel 2022, mentre il conteggio per i primi tre mesi del 2023 ammonta già a 30 unità. I dati emergono dalla ‘Banca Dati Spiaggiamenti’, gestita dal Cibra dell’Università degli studi di Pavia e dal Museo di Storia Naturale di Milano, e confermano la tendenza degli ultimi anni. A mettere in evidenza questi dati è il team del progetto Life Delfi, cofinanziato dal Programma Life dell’Unione Europea e coordinato da Irbim-Cnr, che propone l’adozione di un ‘Codice di condotta’ per i pescatori in occasione della Giornata Mondiale dei delfini che si celebra il 14 aprile.

Una significativa quantità dei cetacei spiaggiati viene classificata dagli esperti tra i ‘non determinati’ (34 nel 2022) ovvero i casi in cui non è possibile risalire alla specie per via dello stato di decomposizione. Ma dai dati emerge chiaramente che i cetacei maggiormente coinvolti negli spiaggiamenti sono i delfini: nel 2022 in Italia sono stati rinvenuti 71 tursiopi (Tursiops truncatus) e 48 stenelle (Stenella coeruleoalba). Le morti di questi splendidi mammiferi marini sono da attribuire a cause naturali ma anche a cause di origine antropica. In particolare, le interazioni dei delfini con le attività di pesca professionale: i delfini riportano gravi lesioni derivanti dalle interazioni con le attrezzature da pesca, oppure restano impigliati o avvolti dalle reti dopo essersi avvicinati alle imbarcazioni alla ricerca di cibo.

Grazie al Cert dell’Università di Padova, partner di progetto, è stato elaborato per la prima volta un framework diagnostico adottato a livello nazionale dal C.Re.Di.Ma., che coordina la rete spiaggiamenti italiana, per essere applicato nel corso delle necroscopie sui delfini. L’obiettivo del progetto Life Delfi è proprio quello di limitare le interazioni tra delfini e pesca professionale, un fenomeno che implica gravi conseguenze per i cetacei ma anche per i pescatori che subiscono, loro malgrado, consistenti perdite economiche per via dei danni che i delfini provocano agli attrezzi da pesca durante le interazioni.

“È per questo che il progetto Life Delfi da più di tre anni è impegnato nel coinvolgimento e nella sensibilizzazione dei pescatori a cui sono stati forniti dissuasori acustici e visivi di ultima generazione insieme ad attrezzature da pesca a basso impatto ambientale, mentre per tutti gli operatori del mare sono stati organizzati corsi di formazione per la realizzazione di attività economiche alternative come il dolphin watching”, spiega Alessandro Lucchetti, ricercatore di Irbim-Cnr e coordinatore del progetto Life Delfi. Il team di Life Delfi ha già testato con i pescatori nuove tecniche di pesca grazie alla diffusione di attrezzi a basso impatto ambientale come le nasse, da sostituire alle reti da posta tra le più rischiose per i delfini.

“Abbiamo riscontrato da parte dei pescatori tanta disponibilità e soprattutto volontà affinché vengano ridotte le catture indesiderate – dichiara Federica Barbera, ufficio Aree Protette e Biodiversità di Legambiente – Tanti pescatori hanno provato ad accantonare le loro modalità di pesca usate per anni e testare innovative tecniche di pesca sostenibile e attrezzature alternative come le nasse del progetto Life Delfi”.

Il Codice di condotta per i pescatori elaborato da Legambiente, in collaborazione con i partner di Life Delfi, è un documento che definisce principi di responsabilità e buone pratiche da adottare per giungere ad una conservazione e gestione sostenibile delle risorse di pesca e che, allo stesso tempo, consenta la salvaguardia della biodiversità dei mari. “Si tratta di un documento aperto al contributo di tutti – conclude Barbera – e che diffonderemo attraverso l’organizzazione di incontri ad hoc con gli operatori del mare, l’adozione del Codice di condotta potrebbe essere il primo passo verso una certificazione di etichettatura ecologica per il pescato di quanti aderiranno”.

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(AdnKronos)


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