“Proposte dimenticano efficienza e penalizzano le Fer”
Le misure introdotte dal decreto Sostegni Ter per contrastare il caro bollette hanno sollevato molti pareri contrari, sia tra i produttori che tra i grandi utilizzatori di energia. A prescindere dalla questione rinnovabili la maggior parte degli addetti ai lavori vede queste misure come azioni di breve periodo che si limitano a tamponare l’emergenza senza porre le basi per facilitare una soluzione strutturale al problema. Lo rileva Fire, la Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia, secondo la quale attualmente ci sono delle strade percorribili per far fronte al problema (che sono efficienza energetica e rinnovabili) rispetto a quelle che si stanno percorrendo ora.
Ad affrontare la questione, sono Dario Di Santo e Alessio Sbarra, rispettivamente managing director e energy engineer di Fire. Il Consiglio dei Ministri, ricordano, ha approvato il 21 gennaio un decreto-legge (Sostegni Ter) che introduce una serie di misure per contenere gli effetti relativi all’aumento dei prezzi delle materie energetiche. Con l’attuale decreto sono stati stanziati 1,7 miliardi di euro, destinati principalmente a sostenere le imprese, i quali si vanno ad aggiungere ai 3,8 miliardi, precedentemente assegnati attraverso la Legge di Bilancio, destinati a mitigare i rincari per le famiglie. In totale, quindi, sono stati stanziati 5,5 miliardi di euro per fronteggiare il caro bollette nel primo trimestre 2022.
In particolare, per arginare il caro energia il decreto-legge prevede che l’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) “provveda ad annullare, per il primo trimestre 2022, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW”, disponendo di un budget di 1,2 miliardi di euro. Inoltre, attraverso il decreto si riconosce alle imprese energivore “un contributo straordinario a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti, sotto forma di credito di imposta, pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022”; un contributo che vale circa 540 milioni.
Un’altra misura introdotta dal decreto riguarda la tassa sugli ‘extraprofitti’ derivanti dalla vendita dell’energia elettrica da parte di impianti fotovoltaici aventi una potenza maggiore a 20 kW e rientranti nel Conto energia, nonché da impianti idroelettrici, geotermici ed eolici, laddove l’incentivazione non dipenda dai prezzi di mercato. “Questa – sottolineano Di Santo e Sbarra – è forse la misura più controversa per una serie di motivi. Anzitutto penalizza i soli operatori rinnovabili, a prescindere dai conti economici e dal fatto che gli ‘extraprofitti’ possono farli anche i produttori e venditori fossili, come peraltro sembrerebbe evidente dall’intervento di Putin del 26 gennaio 2022 alla Camera di commercio italo-russa, in cui il presidente russo ha affermato che Gazprom continua a vendere all’Italia gas a ‘prezzi molto più bassi di quelli di mercato'”.
In secondo luogo, aggiungono, “mette in difficoltà molti operatori che hanno stipulato contratti Ppa (per definizione contratti bilaterali) quando in altri contesti se ne continua giustamente a chiedere la diffusione. Per ultimo pone nuovamente in discussione i conti sugli investimenti per i produttori rinnovabili (sembra quasi che tutte le attività possano generare profitti extra in condizioni favorevoli di mercato, salvo questa categoria, che dovrebbe essere centrale per la transizione economica)”.
A seguito dell’emanazione di tali manovre, aggiungono gli esponenti di Fire, “si sono levati molti pareri contrari, sia tra i produttori che tra i grandi utilizzatori di energia. A prescindere dalla questione rinnovabili, la maggior parte degli addetti ai lavori, infatti, vede queste misure come azioni di breve periodo che si limitano a tamponare l’emergenza senza porre le basi per facilitare una soluzione strutturale al problema. In un contesto di questo tipo sarebbe stato inoltre essenziale affrontare il tema dell’efficienza energetica, in quanto strumento efficace in grado di mitigare il caro bollette in modo sostenibile e strutturale. Prima di interrogarsi su come debba essere prodotta l’energia, sarebbe infatti opportuno cercare di diminuirne il consumo, seguendo il principio Energy Efficiency First. Principio che evidentemente fatica ad affermarsi fra i policy maker italiani”.
Per Dario Di Santo e Alessio Sbarra, “si dovrebbe porre particolare attenzione all’efficienza energetica proprio perché rappresenta uno dei modi più efficaci non solo per rispondere al caro bollette, ma anche per ridurre nel tempo i costi per l’emission trading (visto che impatta sulle emissioni “scope 1”), conseguire benefici sulla competitività di impresa grazie alle ricadute non energetiche connesse agli interventi di uso razionale dell’energia e favorire la transizione ecologica e sostenibile delle imprese. Tra l’altro, alle imprese conviene investire in efficienza energetica in questo momento, grazie alla possibilità di usufruire di una serie di strumenti di supporto volti a promuovere interventi in questo ambito: certificati bianchi, transizione 4.0, conto termico, Ecobonus, Bonus Casa, Superbonus 110, Pnrr, oltre alle iniziative regionali e locali”.
Per sfruttare questa opportunità, dicono, “sarebbe opportuno promuoverla efficacemente, eventualmente prevedendo sconti sugli oneri in bolletta maggiori per chi realizza interventi entro la fine dell’anno, e fare in modo che le misure di supporto per l’efficienza energetica assumano sempre più un carattere di stabilità (a partire dalle detrazioni fiscali, che hanno sofferto gli eccessi del superbonus, misura spot per eccellenza su cui sarà necessario intervenire più volte a livello legislativo e normativo). Il Mite dovrebbe inoltre intervenire prontamente sui provvedimenti collegati, che invece vengono spesso considerati non prioritari: basti pensare ai decreti di miglioramento del conto termico e del Fondo nazionale per l’efficienza energetica di cui si è persa traccia e ai vari provvedimenti attuativi delle novità introdotte lo scorso anno per il D.M. 11 gennaio 2017 sui certificati bianchi, in particolare le varie misure di accompagnamento e supporto e il decreto sulle aste. Certo, se al ministero arrivassero i ‘rinforzi’ di personale anticipati nel 2021 sarebbe tutto più semplice: anche questa è una priorità”.
“Pur consapevoli che non sia facile trovare soluzioni in grado di offrire risposte rapide e politicamente vendibili al caro bollette – concludono – come Fire riteniamo fondamentale che si propongano misure basate sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Chiedere alle imprese di rinunciare a una parte degli extra profitti potrebbe anche essere una strada, ma solo se seguita per tutti i produttori, i trader e i venditori di energia sulla base dei reali conti economici, e non penalizzando solo chi dovrebbe aiutarci a trasformare il sistema energetico nell’ottica della decarbonizzazione”.
(AdnKronos)
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