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Cresce il numero delle nomine di energy manager: +4% in totale. Nel dettaglio: agricoltura -20%, industria +2%, forniture +31%, trasporti +1,5%, terziario + 1,4%, Pa +5%. Questi i numeri relativi alle nomine da parte dei soggetti obbligati nel 2020 emersi dal rapporto ‘Gli energy manager in Italia’ realizzato da Fire-Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia.

Sono 1.702 quelli nominati da soggetti obbligati, cui si aggiungono 761 nomine da parte di soggetti volontari. La maggior parte delle nomine obbligate è condensata nel Centro-nord del Paese, dove è presente un’alta localizzazione delle attività industriali e commerciali, ma non sfigurano i dati del Sud (si segnalano in particolare la Sicilia per la Pa e la Puglia per le nomine volontarie). La crescita delle nomine continua e complessivamente fa segnare un +18% dal 2014 ad oggi.

Altro dato emerso dal report, non numerico, evidenzia che da un paio d’anni a questa parte, ossia da quando è in atto la transizione ecologica ed energetica, “l’energy manager non ha solo il compito di gestire i consumi e spingere il risparmio energetico; tale figura è chiamata ad affiancare la dirigenza nell’individuare e soddisfare le nuove necessità e richieste provenienti dal mercato e dall’Ue tra cui: agire in ottica sostenibile, prepararsi a partecipare alle comunità energetiche, potenziare la digitalizzazione ed i nuovi modelli di mobilità, pensare a rafforzare la struttura per cui lavora, ad esempio attraverso l’implementazione di un sistema di gestione dell’energia”.

Quanto all’andamento delle nomine degli energy manager da soggetti obbligati negli ultimi anni, “la Pa continua a manifestare tassi di inosservanza elevati“. E’ da segnalare però un incremento rispetto allo scorso anno, specialmente tra Comuni e città metropolitane, e la presenza di circa 70 piccoli Comuni che hanno provveduto alla nomina volontaria, grazie anche all’iniziativa della Regione Siciliana di vincolare il finanziamento dei Paesc comunali alla nomina dell’energy manager.

Per i soggetti obbligati quasi l’80% delle nomine riguarda persone interne all’organizzazione, “una scelta preferibile per le realtà medio-grandi, che rende l’azione dell’energy manager più efficace; i consulenti esterni rimangono la scelta più gettonata fra i soggetti di dimensioni e consumi minori”. Quanto alla certificazione come Ege secondo la norma Uni Cei 11339: “è utile che l’energy manager risulti certificato, soprattutto nel caso di un consulente esterno. Nei casi in cui l’energy manager sia di alto profilo, è utile che possa avvalersi di collaboratori certificati Ege (se non è un Ege egli stesso). Nel 2020, il numero di Ege nominati è cresciuto rispetto al 2019, che aveva visto una leggera flessione. In particolar modo è cresciuto il numero di consulenti esterni”. Il report evidenzia inoltre che “i soggetti che hanno nominato un energy manager, siano essi obbligati o no, e che al contempo sono in possesso della certificazione Iso 50001 risultano essere 298, circa il 10% in più rispetto allo scorso anno”.

Sono in crescita anche le donne, per quanto continuino a rappresentare una quota minoritaria (siamo arrivati al 9%). C’è da colmare un gap, spiega la Federazione, di lunga data, essenzialmente legato alla scarsa presenza femminile in passato nei corsi di laurea da cui tipicamente provengono molti energy manager, come ingegneria meccanica ed energetica. Un altro elemento da migliorare, secondo l’analisi di Fire, “è l’inquadramento aziendale degli energy manager: solo in un terzo dei casi si tratta di dirigenti. Un aspetto che stride con le dichiarazioni di sostenibilità e decarbonizzazione di tante imprese ed enti, visto che il minimo che ci si aspetterebbe in questi casi è di avere un dirigente di alto livello con in capo obiettivi e primalità legate all’uso razionale dell’energia”.

(AdnKronos)

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