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A cena fuori fino alle 22 o a casa alle 22? “La formulazione del decreto legge riaperture del 22 aprile 2021 è molto ambigua. Lede l’esigenza di certezza del diritto, pertanto serve un chiarimento autorevole dal premier Draghi o dalla Presidenza del Consiglio”. Ad intervenire con l’Adnkronos sul confronto in corso nel governo è il costituzionalista Giovanni Guzzetta che afferma: “l’interpretazione più corretta è quella della Gelmini: si può stare al ristorante fino alle 22. Altrimenti il Dpcm del 2 marzo a cui si richiama il Decreto riaperture sarebbe più ri-aperturista del decreto stesso, che stabiliva che si potesse fare asporto fino alle 22 e dunque non si dovesse stare a casa a quell’ora”.

“Bisogna apprezzare che con il governo Draghi siano stati realizzati una serie di gesti di discontinuità a partire dall’abbandono dei dpcm a favore dei decreti legge – rileva Guzzetta – Ma purtroppo ci sono ancora delle falle nel sistema. Come in questa vicenda in cui fortunatamente il Decreto deve essere ancora convertito dal Parlamento, che è quindi ancora nelle condizioni di intervenire ammesso che il Governo non faccia subito un decreto correttivo”. Tra i nodi al pettine: “E’ interessante che il Dpcm di marzo a cui si rinvia il decreto legge (salvo per le norme cui deroga), fissando il limite circolazione dalle 22 alle 5, già prevedesse che per i servizi da asporto fosse consentita l’erogazione fino alle 22. Dunque, già da marzo scorso se si può asportare fino alle 22 evidentemente si consente di tornare a casa dopo le 22”, rileva il Costituzionalista.

Il nuovo decreto-legge stabilisce infatti che dal 26 aprile nella zona gialla sarà consentita l’attività dei servizi di ristorazione con consumo al tavolo esclusivamente all’aperto, anche a cena ‘nel rispetto dei limiti orari agli spostamenti di cui ai provvedimenti adottati in attuazione dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020′. “Una disposizione ambigua perché non è chiaro se il servizio possa essere derogato fino alle 22 o se debba essere fornito in modo che i cittadini possano essere a casa alle 22. Un’interpretazione sistematica e costituzionalmente conforme dovrebbe però far propendere per l’interpretazione che si possa cenare fino alle 22. E ciò per tre ragioni. La prima – spiega Guzzetta – di ordine costituzionale: trattandosi di norme limitative di diritti, tra una interpretazione più estensiva ed una più restrittiva va preferita quella più estensiva”.

In secondo luogo, il Dpcm del 2 marzo 2021 “che continua ad applicarsi nella misura in cui non sia derogato da un decreto legge, prevedeva già che i servizi di ristorazione potessero essere erogati fino alle 22 per l’attività d’asporto. Dunque il problema di cui si discute oggi, si poneva prima e sarebbe irrazionale consentire fino alle 22 l’asporto e non la cena perché asportare sarebbe più permissivo di cenare”.

“Tra l’altro sarebbe paradossale che per l’asporto si possa erogare il servizio fino alle 22, mentre per la ristorazione si debba concludere in un momento precedente variabile a seconda della distanza tra l’abitazione e l’esercizio commerciale”. Terzo punto: “io sono in condizione di provare con la documentazione fiscale da dove provengo, dunque se sono andato al ristorante. E sarebbe anche calcolabile la distanza tra il ristorante ed il mio domicilio, dunque posso provare la necessità del rientro a casa dopo le 22, rientrando in un caso di deroga al divieto di circolazione dopo le 22. Ciò – conclude – è rilevante nello spirito di un’interpretazione meno lesiva dei diritti di circolazione e dell’iniziativa economica”.

(di Roberta Lanzara – AdnKronos)

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