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Non si può capire l’uccisione del generale iraniano, senza dare uno sguardo più ampio a ciò che sta accadendo in Medio Oriente e a come sta mutando. Solo così si può comprendere perché eliminare Soleimani

Lo hanno ucciso un venerdì, il giorno in cui i musulmani si ritrovano a pregare in moschea o scendono in piazza per protestare, il giorno in cui nel mondo islamico può sempre accadere qualcosa. Il generale Qassem Soleimani, responsabile delle operazioni estere dell’Iran, è morto all’alba di venerdì poco dopo essere atterrato all’aeroporto di Baghdad, in Iraq, dove era di casa, in un giorno carico di avvenimenti storici per l’intera regione. Non è chiaro dove si trovasse prima dell’ultimo viaggio: Libano dicono alcuni, Siria correggono altri. Ovunque si occupava del reclutamento e dell’addestramento di milizie da sguinzagliare per conto di Teheran nelle guerre asimmetriche che da decenni sconvolgono il Medio Oriente.

Il tempo di mettere piede in Iraq e arriva dal cielo la morte

È il racconto della Tv di stato iraniana a dare il quadro più completo della dinamica della sua morte: Soleimani era appena sbarcato all’aeroporto di Baghdad quando elicotteri statunitensi hanno colpito con missili l’auto su cui viaggiava. Con lui ha perso la vita uno dei massimi capi delle milizie irachene al soldo di Teheran, noto con il nom de guerre Abu Mahdi al-Muhandis, l’ingegnere. Anche lui, al pari di Soleimani, aveva avuto un ruolo di primo piano negli attacchi che nel 2019 hanno colpito alcune basi militari in Iraq, compreso quella in cui una settimana fa ha perso la vita un contractor statunitense.

Le massime cariche iraniane promettono vendetta

L’Iran ha promesso vendetta, in Iraq le reazioni politiche sono state più misurate. Anche perché i giovani che da tre mesi manifestano a Baghdad, Nassiriya e Bassora sono scesi in piazza per festeggiare la morte dell’uomo che ha represso nel sangue le loro proteste: nessun politico voleva compromettersi più di tanto.

Lo stupore e la sorpresa internazionale per il raid a stelle e strisce

Eppure, non è solo la morte di Soleimani in Iraq ad aver sorpreso la comunità internazionale, è la dinamica di quello che è accaduto a suscitare le maggiori perplessità. Gli americani hanno agito indisturbati in un paese dove l’Iran controlla parte dell’esercito, della politica e una bella fetta dell’economia. E dove le milizie filoiraniane sono riuscite a penetrare con estrema facilità all’interno delle fortificazioni che circondano l’ambasciata americana nella Green Zone di Baghdad, una delle aree più militarizzate del paese.

Soleimani scaricato da chi ora promette vendetta?

Non occorre tornare tanto indietro nel tempo: era il 18 novembre quando il New York Times svelava il contenuto di alcuni documenti segreti dell’intelligence iraniana in Iraq dai quali emergeva come Soleimani avesse sistematicamente messo ai posti di comando del paese uomini legati a doppio filo con l’Iran. Uno di questi documenti spiegava come il generale iraniano fosse riuscito a utilizzare lo spazio aereo iracheno a suo piacimento per spostare miliziani e armi in tutto il Medio Oriente: come dimenticare oggi la rete di informatori personali di Soleimani all’aeroporto di Baghdad di cui parlava meno di due mesi fa il quotidiano statunitense?

Medio Oriente in mutazione: Iran tagliato fuori

Alla fine del 2019 l’intera regione ha cominciato a cambiare volto. Non è solo la guerra siriana, con la vittoria dei russi e di Assad e la progressiva marginalizzazione di Teheran, ad aver cambiato le carte in tavola. È soprattutto l’avvio di un nuovo progetto energetico a far slittare gli assetti del Mediterraneo: il gasdotto che dovrebbe portare in Europa il gas di Israele, Egitto e Cipro. Nel giorno in cui Soleimani moriva, ad Atene si stava firmando l’accordo trilaterale tra Cipro, Grecia e Israele. Mentre l’Iran, che possiede il più grande bacino di gas al mondo nel Golfo Persico insieme al Qatar, resta tagliato fuori, inguaiato in guerre regionali che per ora hanno solo prosciugato le sue finanze.

L’asse Washington-Gerusalemme e l’ok tacito all’eliminazione dell’ingombrante generale

Soleimani e le sue milizie cominciavano a essere pericolosi per la sicurezza degli impianti di estrazione del gas al largo delle coste del Mediterraneo. Negli impianti israeliani, per la precisione, c’è dentro, con i suoi finanziamenti, anche il colosso statunitense Noble Energy. Soprattutto, Soleimani era ormai ingombrante anche per Teheran, dove cominciano a soffiare sotto la brace venti di dialogo: meno di un mese fa il governo iraniano è sceso a patti con Washington in un altro scambio di prigionieri, il secondo del 2019.

Fermi tutti! E che nessuno si muova… Bye Bye Qassem

E allora richiama l’attenzione un curioso report del quotidiano libanese Al Mayadeen, legato a Hezbollah, la milizia che Soleimani ha contribuito più di tutti a creare. Il giorno prima della sua morte il giornale da Beirut parlava di elicotteri statunitensi in volo sull’ambasciata iraniana a Baghdad e sul ministero degli Esteri iracheno: forse un avvertimento a chi avesse mai pensato di intervenire su quanto stava per accadere. Il destino di Qassem Soleimani era ormai scritto.

Monica Mistretta

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