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Con i risultati della notte elettorale americana ancora incerti, una cosa è però chiara: non c’è stata la ‘red wave’, lo tsunami rosso che i repubblicani si sentivano già in tasca e, soprattutto, sembra essere fallita la rivincita che Donald Trump aveva affidato ad un esercito di candidati Maga e in moltissimi casi negazionisti, cioè che non riconoscono la legittimità della presidenza Biden. E la scommessa perduta dell’ex presidente è destinata a rendere più complicati i suoi piani per una nuova candidatura alla Casa Bianca, per la quale circolava già la data del 15 novembre.

Alla Camera i repubblicani molto probabilmente riusciranno ad ottenere almeno 5 seggi che gli consegneranno la maggioranza, un risultato però ben lontano dalla vittoria a valanga prevista che avrebbe assicurato decine di seggi in più ed un controllo più duraturo della Camera. Come era successo per esempio ai democratici, che nelle elezioni di midterm del 2018, a metà mandato di Donald Trump, vinsero alla Camera con una percentuale storica di voti, ottenendo una maggioranza di 41 seggi.

Al Senato con ancora quattro seggi in bilico la battaglia è ancora aperta, ma la vittoria del ‘gigante dem’ John Fetterman sul ‘Dr Oz’ della televisione, ha permesso ai democratici di strappare ai repubblicani il seggio della Pennsylvania che potrebbe essere cruciale per mantenere il controllo della Camera alta. Inoltre i dem sono riusciti a difendere i seggi in New Hampshire e Colorado, che erano nel novero di quelli su cui i repubblicani puntavano per il sorpasso.

Ma il messaggio politico più importante di questa tornata elettorale è che Trump, che ha usato il midterm per confermare la sua presa sul base e partito ed usarla come trampolino per la sua nuova candidatura alla Casa Bianca, oggi appare molto più debole.

La prova è nel fatto che non solo molti dei suoi candidati Maga – il movimento estremista di destra, complottista e negazionista che si rifà all’America first di Trump – non solo sono stati sconfitti – o sono impegnati in testa a testa – ma negli stessi stati candidati repubblicani più tradizionalisti.

Se non apertamente anti-Trump: come in Georgia dove, mentre l’ex campione di football ed amico dell’ex presidente Herschel Walker non ha sfondato e probabilmente andrà al ballottaggio con il senatore dem Raphael Warnock, il governatore Brian Kemp e il segretario di Stato Brad Raffensperger – odiati da Trump perché non hanno accettato di rovesciare la vittoria di Biden nel 2020 – hanno vinto facilmente la rielezione.

Lo stesso in New Hampshire, dove il trumpiano Don Bolduc non ha avuto partita con la senatrice lMaggie Hassan, mentre il governatore repubblicano Chris Sununu, che una volta disse che Trump è “un fottuto pazzo” e si è già espresso contro la sua rielezione, ha vinto senza problemi.

Al contrario molti dei repubblicani trumpiani candidati al posto di governatore sono stati sconfitti dalle urne. Su 36 candidati repubblicani, ben 22 avevano pubblicamente sostenuto, anche con veemenza, la tesi delle ‘elezioni rubate” alle presidenziali del 2020, non riconoscendo la vittoria di Joe Biden o mettendola in dubbio. Secondo le proiezioni della Cnn, fra i trumpiani sconfitti troviamo Doug Mastriano (Pennsylvania), Dan Cox (Maryland), Paul LePage (Maine), Lee Zeldin (New York), Geoff Diehl (Massachusetts), Scott Jensen (Minnesota), Tim Michels (Wisconsin), Tudor Dixon (Michigan) e Heidi Ganahl (Colorado).

Rimane ancora aperta la battaglia per la più agguerrita trumpiana di tutti i candidati governatori, l’ex giornalista tv Kari Lake, diventata in questi mesi il volto telegenico del Maga, che però in queste ore in Arizona appare indietro rispetto alla democratica Katie Hobbs, in una partita che secondo gli osservatori un candidato repubblicano più tradizionale, e moderato, avrebbe vinto facilmente. La sensazione che quindi circola in queste ore tra i repubblicani è che avrebbero potuto avere una grande notte, se Trump non avesse guastato la festa.

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