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“Di solito le Cop iniziano con grandi attese e poi finiscono con la delusione. Questo summit comincia, invece, in un momento geopolitico e internazionale di grandi tensioni e io spero che smentirà le attese in positivo. Una cosa che andrà fatta sarà ritessere le fila della collaborazione perché la sfida climatica si può vincere solo tutti insieme”. Lo afferma all’Adnkronos Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia, in procinto di partire alla volta di Sharm El Sheikh per seguire i lavori della Cop27.

“La prima cosa da fare è continuare la discussione per adeguare gli impegni dei singoli Paesi all’obiettivo comune di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C; le notizie che ci arrivano non sono confortanti”, spiega. Secondo l’ultimo l’Emission Gap Report del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, gli impegni climatici mettono il mondo sulla strada per un aumento della temperatura di 2,4-2,6°C entro la fine di questo secolo. “Questo non ce lo possiamo permettere”, sottolinea Midulla.

Non solo contrasto al cambiamento climatico. “Se riusciremo in questa grande impresa di abbattere finalmente le emissioni di gas serra noi, comunque, abbiamo cambiato il clima e dobbiamo prepararci ad eventi meteo diversi rispetto al passato, questo si chiama ‘adattamento’ e tutti gli Stati del mondo devono fare dei piani di adattamento, è nell’Accordo di Parigi; noi come Italia non abbiamo un piano di adattamento. Dobbiamo altresì aiutare tutti i Paesi a farlo, in particolare i più vulnerabili”, ricorda.

“Questo ci porta ad un altro problema: nell’Accordo di Parigi noi, i Paesi di più antica industrializzazione, abbiamo promesso 100 mld all’anno fino al 2025 ma finora non abbiamo mantenuto le promesse. Alla Cop dobbiamo dare questo segnale, dobbiamo mantenere le promesse – continua – Questione loss&damage (perdite e danni): oggi i Paesi più vulnerabili e meno responsabili del cambiamento climatico affrontano i disastri peggiori anche perché sono meno pronti a far fronte alle emergenze, dobbiamo fare in modo che siano pronti e in grado di prevenirne la parte più disastrosa. Per far questo bisogna creare all’interno degli aiuti già previsti un ulteriore supporto per questo aspetto importantissimo”.

“Se noi daremo questi segnali, riusciremo anche a creare le condizioni perché tutti si sentano parte della sfida. Dobbiamo fare ognuno la propria parte e cercare di trasformare la sfida climatica in qualcosa che fa scendere non solo la febbre del pianeta ma anche la febbre delle relazioni internazionali. Chi non riprende il filo della collaborazione internazionale rischia la propria autorevolezza: essere leader nella sfida climatica vuol dire essere leader per salvaguardare la civilizzazione umana. Chi non lo fa, perde comunque”, conclude.

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(AdnKronos)

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