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L’Italia ai tempi del covid prosciuga lo spreco alimentare e rilancia sullo sviluppo sostenibile: nel 2020 finiscono nella spazzatura ‘solo’ 27 kg di cibo a testa (529 grammi a settimana), l’11,78% in meno rispetto al 2019. Questo significa oltre 222mila tonnellate di cibo ‘salvato’ dallo spreco in Italia (per la precisione, 222.125 tonnellate) e un risparmio di 6 euro pro capite, ovvero 376 milioni euro a livello nazionale, in un anno intero.


Sono i risultati dello studio ‘Spreco, il caso Italia’ di Waste Watcher International Observatory – Università di Bologna Last Minute Market su dati Ipsos, presentati in occasione dell’ottava Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, in calendario venerdì 5 febbraio 2021.

“Dalle loro case e dalle loro cucine, reduci dai mesi di lockdown e distanziamento, gli italiani lanciano un’opa sul loro futuro – spiega l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero e della Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare – La tendenza a una netta diminuzione dello spreco alimentare domestico, che a livello nazionale e globale gioca la parte del leone con un’incidenza del 60/70% sullo spreco di filiera, si conferma saldamente in questo primo scorcio del 2021, attraverso il report Waste Watcher International su rilevazioni Ipsos monitorato nella settimana del 18/21 gennaio. Colpisce l’attenzione degli italiani al tema: l’85%, quindi una percentuale quasi plebiscitaria, chiede di rendere obbligatorie per legge le donazioni di cibo ritirato dalla vendita da parte di supermercati e aziende ad associazioni che si occupano di persone bisognose, in seguito all’aumento della povertà generato dalla pandemia Covid 19″.

La mappa dello spreco

Sprechiamo di più al Sud, dove si getta il 15% in più di cibo e avanzi (circa 600 grammi a settimana) mentre si spreca meno al Nord (- 8%, circa 489 grammi a settimana) e nel centro Italia (- 7%, circa 496 grammi settimanali). E sono le famiglie con figli a gettare più spesso il cibo: in media lo fanno il 15% in più dei single. A sorpresa, meno si guadagna e più si spreca: il 38% circa di italiani che si autodefiniscono ‘di ceto basso / medio-basso’ getta circa il 10/15% in più rispetto agli altri intervistati.

La spesa si fa per lo più una o due volte alla settimana: lo dichiarano 7 italiani su 10 (il 69% degli intervistati) e c’è una netta consapevolezza sull’importanza di investire qualche euro in più per la qualità. “Un’investimento che potrebbe derivare dal risparmio creato dal non spreco – spiega il curatore scientifico del Premio vivere a Spreco Zero Luca Falasconi – infatti i 376 milioni che a livello nazionale si vengono a liberare da ciò che non sprechiamo più, potremmo, o forse dovremmo reinvestirli in cibo di migliore qualità”.

Questo l’orientamento di 1 italiano su 3 (il 33% degli intervistati), mentre il 60% ha un atteggiamento pragmatico: si ricerca il miglior rapporto costo/qualità. Pochissimi (meno del 5%) vanno sistematicamente in cerca del ribasso.

L’attenzione alla prevenzione dello spreco alimentare si riverbera nell’insegnamento ai figli: primo non sprecare, dicono le famiglie italiane nell’83,9% dei casi. Otto italiani su 10 dichiarano di non sprecare quasi mai il cibo, o meno di una volta alla settimana. E quando capita, è sempre la frutta fresca al top della ‘hit parade’ degli sprechi (37%), seguita da verdura fresca (28,1%), cipolle aglio e tuberi (25%), da insalata (21%) e dal pane fresco (21%).

“Il profilo delle dinamiche dello spreco alimentare scorre lungo direttrici peculiari nel nostro Paese – afferma Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos – e ci consente di costruire una mappa peculiare della cultura alimentare che evidenzia delle differenze nelle diverse aree del Paese, tra i ceti sociali, tra metropoli e borghi e in base alla tipologia di famiglia. L’area in cui vi è una maggiore attenzione alla riduzione degli scarti alimentari è il Nord (489,4 grammi la settimana, rispetto una media di 529,3 grammi), quella in cui vi è una maggiore disattenzione è il Sud (602,3 gr la settimana)”.

“Da un punto di vista della struttura sociale del Paese, i ceti che mostrano una minore attenzione allo spreco sono i ceti bassi e popolari (+9% di spreco rispetto la media), anche se in questi segmenti sociali si sprecano meno alimenti come uova, latticini o cibi precotti. Anche la dimensione del centro urbano marca una differenza rispetto allo spreco, con una maggiore disattenzione (+15%) nei Comuni e nei centri più piccoli del Paese. Nel confronto tra tipologie di famiglie, infine, le famiglie con figli conviventi risultano più coinvolte in forme di spreco (+15% rispetto la media)”, aggiunge.

La Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare

Stop food waste. One health, one planet è il tema degli eventi istituzionali dell’ottava Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, venerdì 5 febbraio 2021. Il Forum è in programma dalle 11.30 su piattaforma digitale, per iniziativa della campagna Spreco Zero di Last Minute Market con il patrocinio del ministero dell’Ambiente e inoltre con il patrocinio del ministero degli Affari Esteri, del World Food Programme Italia, di Anci e della rete di Comuni Sprecozero.net.

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