Gaza sotto assedio, 400mila in fuga. Cresce la condanna internazionale
Avanzata israeliana, vittime civili e nuove accuse di “genocidio” mentre Smotrich parla di “miniera d’oro immobiliare”
Gaza/Tel Aviv/Washington – La guerra nella Striscia di Gaza entra in una fase sempre più drammatica. Almeno 400mila palestinesi hanno lasciato l’enclave, in un esodo continuo verso sud sotto i bombardamenti israeliani. Dall’alba di oggi, giovedì 18 settembre, si contano almeno 14 morti, nove dei quali a Gaza City, secondo fonti ospedaliere citate da al-Jazeera. Il bilancio complessivo dell’offensiva israeliana, iniziata nell’ottobre 2023, supera i 65mila morti e 165mila feriti, mentre migliaia di corpi sarebbero ancora sepolti sotto le macerie.
A suscitare indignazione internazionale sono le dichiarazioni del ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, che alla conferenza Urban Renewal Summit di Tel Aviv ha definito Gaza “una miniera d’oro immobiliare” e ha parlato di “negoziati con gli americani” per spartire e ricostruire il territorio “a costo zero”. Parole che alimentano i timori di un progetto di annessione e mettono in secondo piano la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
Sul piano diplomatico, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu vota oggi una risoluzione per un cessate il fuoco e corridoi umanitari, nonostante i veti ripetuti degli Stati Uniti, alleati di Israele. Intanto i media israeliani annunciano che il premier Benjamin Netanyahu sarà ricevuto lunedì alla Casa Bianca dal presidente Donald Trump, segnale di un sostegno politico che molti osservatori considerano in contrasto con gli appelli alla tregua.
Negli Stati Uniti si alza la voce del senatore Bernie Sanders, primo parlamentare americano a definire “genocidio” l’intervento israeliano a Gaza, sulla base di un’inchiesta indipendente dell’Onu. In un articolo intitolato “È genocidio”, Sanders denuncia “la complicità americana nel massacro del popolo palestinese” e accusa l’amministrazione Trump di “pieno sostegno a una politica di pulizia etnica”, evocando il rischio di una “Riviera del Medio Oriente” costruita sulle rovine dell’enclave palestinese.
Le dichiarazioni di Smotrich e l’analisi di Sanders rafforzano l’impressione che, per parte del governo israeliano, la priorità non sia più la liberazione degli ostaggi, ma il controllo permanente di Gaza, alimentando un clima di condanna e isolamento internazionale.
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(con fonte AdnKronos)
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