La struttura era priva di autorizzazioni e strumenti di emergenza. Indagati un sedicente chirurgo peruviano, un anestesista e un’infermiera per omicidio colposo
Era un centro chirurgico privo di autorizzazioni, privo di strumenti salvavita e persino di cartelle cliniche quello in cui è morta una donna ecuadoriana di 47 anni, sottoposta a una liposuzione lo scorso sabato in un appartamento del quartiere Primavalle, a Roma. La paziente si è sentita male durante l’intervento ed è deceduta poco dopo in ospedale.
Tre le persone indagate per omicidio colposo: José Gregorio Lizarraga Picciotti, 65enne di origini peruviane che si presentava come chirurgo, un anestesista e un’infermiera. La struttura, ricavata in un’abitazione, era di fatto un centro estetico “fantasma”: al momento del blitz della Polizia non risultavano archivi, né documentazione sanitaria, né strumentazione per il primo soccorso, incluso il defibrillatore.
Lizarraga Picciotti non è nuovo alle cronache giudiziarie. Era già stato condannato in primo grado nel 2013 per lesioni, dopo la denuncia di una paziente. La condanna è però finita in prescrizione nel 2015 durante l’Appello. Sulla struttura erano già state effettuate in passato verifiche da parte della procura e del Nas.
Gli investigatori hanno disposto il sequestro dei cellulari dei tre indagati per analizzare le comunicazioni avvenute con la vittima il giorno dell’intervento. Intanto, il caso ha riacceso l’allarme sui rischi delle pratiche chirurgiche eseguite in strutture non autorizzate.
A margine della vicenda, il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi, ha annunciato un’iniziativa con la Regione Lazio per contrastare l’abusivismo medico: “È allo studio l’adozione di un codice QR da installare in ogni studio medico, contenente informazioni sull’autorizzazione all’esercizio e sulle competenze dei professionisti sanitari. Solo così possiamo evitare casi come quello di Primavalle”.