
Cannabis e guida: cosa prevede la riforma del codice della strada sui test
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La riforma del Codice della strada: cosa prevede e perché divide Salvini e Vasco Rossi
La recente modifica dell’articolo 187 del Codice della strada ha introdotto nuove norme più severe per la guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Una misura che ha portato a un confronto tra il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il cantautore Vasco Rossi, sollevando il dubbio se la riforma possa penalizzare anche chi, pur essendo lucido, ha assunto cannabis giorni prima o ha subito fumo passivo.
Il fulcro della polemica è il sistema di accertamento delle droghe, che ora si basa su un processo a più fasi per individuare eventuali sostanze nel corpo dei guidatori. La riforma elimina il riferimento allo “stato di alterazione psico-fisica”, sostituendolo con il semplice riscontro di sostanze psicotrope nell’organismo. Questo cambiamento ha sollevato preoccupazioni tra coloro che ritengono che il nuovo sistema possa colpire anche chi non è più sotto l’effetto della droga, ma presenta tracce residue, come nel caso del THC della cannabis.
Vasco Rossi ha espresso dubbi pubblicamente, sostenendo che la normativa potrebbe incriminare anche persone che hanno consumato cannabis giorni prima, senza essere più sotto il suo effetto. Rossi ha messo in evidenza il rischio che si possano rilevare tracce di cannabis anche a causa del fumo passivo. Salvini ha difeso la riforma, sostenendo che la tolleranza zero verso le droghe è necessaria per garantire la sicurezza sulle strade.
Come funzionano i test antidroga
Il percorso di accertamento si compone di diversi passaggi. In prima battuta, i test rapidi vengono eseguiti sul posto dalle forze dell’ordine, utilizzando dispositivi portatili in grado di rilevare la presenza di sostanze stupefacenti nella saliva o nel sudore. Se il test preliminare risulta positivo, vengono condotte ulteriori analisi di laboratorio su campioni di saliva, sangue, urine o, in alcuni casi, capelli.
Secondo l’Istituto superiore di sanità, l’accertamento della cannabis può avvenire tramite test sulle urine, che permettono di rilevare la presenza dei metaboliti del THC anche diversi giorni dopo il consumo. Per valutare un uso più recente, i test vengono eseguiti su sangue o saliva, mentre i capelli vengono utilizzati per rilevare l’uso di cannabis a lungo termine.
Gli esami iniziali di screening sono qualitativi, ovvero indicano solo se il livello di sostanza supera una certa soglia, definita “cut-off”. Un risultato positivo richiede una conferma mediante un’analisi più specifica. Tuttavia, la presenza di THC nel corpo non indica automaticamente uno stato di alterazione, né fornisce informazioni sull’intensità o sulle modalità di assunzione della sostanza.
Cannabis e tempi di rilevabilità
Uno degli aspetti più controversi della cannabis è il suo lungo periodo di rilevabilità. Le tracce di THC possono rimanere nel corpo per diversi giorni o addirittura settimane, soprattutto negli utilizzatori abituali. Gli esami del sangue e della saliva possono rilevare l’uso di cannabis fino a tre giorni dopo l’assunzione, mentre nei consumatori frequenti la positività potrebbe persistere per oltre un mese. Gli studi hanno anche dimostrato che il fumo passivo può portare a risultati positivi nei test antidroga, anche se il soggetto non ha consumato direttamente la sostanza.
Le preoccupazioni sulla riforma
La preoccupazione di Vasco Rossi e di molti oppositori della riforma riguarda proprio questo aspetto: un guidatore, pur essendo completamente lucido e non sotto l’effetto della cannabis, potrebbe risultare positivo al test e subire conseguenze penali, per un consumo avvenuto giorni o settimane prima. Salvini ha ribadito che il provvedimento mira a migliorare la sicurezza stradale, contrastando l’uso di droghe alla guida, ma il dibattito resta acceso.
La riforma solleva interrogativi non solo su chi assume sostanze stupefacenti a scopo ricreativo, ma anche su chi potrebbe utilizzarle per motivi medici o su chi potrebbe essere esposto passivamente al fumo. Il timore è che la rigidità della norma porti a penalizzazioni ingiuste, soprattutto in casi di positività derivanti da consumi pregressi che non influiscono sulle capacità di guida.
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(con fonte AdnKronos)
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