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Il figlio dell’ultimo Shah di Persia commenta la situazione politica in Iran, la questione israelo-palestinese e le implicazioni per la regione

Il governo iraniano è “più debole e più diviso che mai” dopo la morte del presidente Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero, un evento che ha dato forza al popolo iraniano. Tuttavia, “costruire un futuro di speranza e prosperità per la popolazione della regione non può essere possibile fino a quando la Repubblica islamica dell’Iran resta al potere”. Questa è la convinzione di Reza Pahlavi, figlio maggiore dell’ultimo Shah di Persia, che in un’intervista esclusiva all’Adnkronos sintetizza: “Il percorso verso la pace tra israeliani e palestinesi passa attraverso Teheran”. Pahlavi sogna “un Iran in pace con i nostri vicini israeliani e arabi. Questo è il futuro che vorrei per l’Iran e per la regione”.

“Credo nella soluzione a due Stati”, afferma. “Uno Stato palestinese democratico, in pace con Israele, potrebbe, insieme a un Iran democratico, costruire un futuro completamente diverso per il popolo della regione, un futuro di speranza e di prosperità”. Ma secondo Pahlavi, questo non è possibile mentre Hamas, con il sostegno della Repubblica islamica, resta al potere. “Uno Stato palestinese guidato da Hamas sarebbe un’estensione della Repubblica islamica e un alleato per i Talebani”, avverte. Pertanto, “una soluzione a due Stati non può essere possibile fino a quando la Repubblica islamica resta al potere”, poiché le autorità iraniane cercheranno “sempre di finanziare, addestrare, armare e sostenere i terroristi palestinesi più radicali”.

Mentre le Forze di difesa israeliane (IDF) stanno combattendo Hamas nella Striscia di Gaza con l’obiettivo di eliminarne la minaccia dopo l’attacco subito il 7 ottobre, Pahlavi mette in guardia: “Anche se Hamas viene eliminato, la Repubblica islamica troverà o darà vita a un nuovo gruppo terroristico da finanziare”. La Repubblica islamica, spiega, cerca il caos e adotta una dottrina di “nessuna guerra e nessuna pace”, attraverso la quale esporta il terrore senza pagarne il prezzo.

Pahlavi ritiene che la politica del regime iraniano non cambierà significativamente dopo la morte di Ebrahim Raisi, perché il defunto presidente “faceva gli interessi di Khamenei e così farà il suo sostituto”. In Iran, “di fatto, il presidente è un segretario, nulla di più”. Il 28 giugno si terranno le elezioni presidenziali anticipate per scegliere il successore di Raisi, ma Pahlavi esorta i suoi compatrioti a boicottare queste “elezioni farsa”, sostenendo che meritano elezioni veramente libere ed eque.

Commentando la richiesta di mandato di arresto internazionale per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, avanzata dal procuratore capo della CPI Karim Khan, Pahlavi auspica che “venga emesso un mandato di arresto per Khamenei”. Egli considera vergognoso che le Nazioni Unite e Paesi democratici come gli Stati Uniti abbiano inviato messaggi di condoglianze per Ebrahim Raisi, il “macellaio di Teheran”.

Finché la Repubblica islamica dell’Iran resterà al potere, Pahlavi avverte che c’è un rischio di una guerra regionale, dato che il regime iraniano continua a provocare israeliani, arabi e americani per ottenere concessioni. Il rischio del nucleare è sempre presente, e se il regime dovesse riuscire a dotarsi di una bomba nucleare, sarebbe devastante, innescando una corsa agli armamenti nucleari e potenzialmente un conflitto nucleare.

Pahlavi conclude sottolineando che la vera de-escalation sarà possibile solo quando la Repubblica islamica non ci sarà più. La Repubblica islamica cerca di destabilizzare la regione per stabilire un califfato sciita. “La Repubblica islamica farà tutto il possibile per fermare il progresso degli Accordi di Abramo”, afferma Pahlavi, che spera in un Iran libero, laico e democratico.

Un Iran democratico permetterebbe alle donne di vivere liberamente e agli artisti di esprimersi senza censura. Pahlavi esprime speranza che il rapper Toomaj Salehi, condannato a morte, venga liberato, così come tutti i prigionieri politici iraniani. Spera in una pace e prosperità durature per la regione, in cui giovani iraniani, israeliani e arabi possano concentrarsi sui loro studi senza temere per le loro vite. “Iraniani e israeliani si considerano, giustamente, vittime dello stesso aggressore: la Repubblica islamica”, conclude Pahlavi.

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(con fonte AdnKronos)

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