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Clima, energia, rifiuti, risorsa idrica, materiali e imballaggi. In tema di sostenibilità l’industria della moda deve lavorare molto. I dati parlano chiaro: si stima che il settore sia il secondo principale inquinatore al mondo dopo quello del trasporto aereo. A contribuire al disastro ambientale c’è sicuramente la diffusione del fast fashion che incoraggia un sovraconsumo di abiti e genera una quantità di rifiuti costante talmente eccessiva che non si è quasi più in grado di smaltirli. Non c’è dubbio: “il fast fashion è stata centrale nel contribuire all’inquinamento, allo sfruttamento delle risorse e al diffondersi di pratiche poco sostenibili”. Così David Quass, Senior Director Sustainability di VF Corporation (che conta marchi come Icebreaker, Timberland, Napapjiri e The North Face) che all’Adnkronos racconta le sfide e iniziative sostenibili messe in campo dal gruppo come riporta anche nel rapporto di Responsabilità ambientale e sociale.

L’industria della moda, spiega Quass, “si trova ad affrontare diverse sfide legate alla sostenibilità, tra le quali le nuove abitudini di consumo, la complessità della filiera e un quadro normativo in evoluzione”. Per questo, “VF si sforza nel coinvolgere Ong e attori dell’industria per promuovere l’innovazione e affrontare collettivamente le sfide della sostenibilità” e gli obiettivi. Secondo Quass “il passaggio verso una regolamentazione del settore, guidato da standard quali il Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd), la Tassonomia Europea e il Sustainability standards board (Issb), presenta per le imprese sia sfide sia opportunità nell’allinearsi alle pratiche sostenibili”.

Focus cruciale è la trasparenza della catena di approvvigionamento: “siamo convinti sostenitori dell’importanza, o forse dovremmo dire della necessità, delle partnership per giungere all’obiettivo della tracciabilità nella nostra filiera. Per questo motivo, VF mira a tracciare integralmente i propri materiali chiave (pelle, cotone, lana, materiali sintetici – poliestere e nylon riciclato e vergine – e gomma naturale) su tutta la filiera della catena di approvvigionamento entro il 2027. La verifica per tutti e cinque i materiali chiave è finalizzata a raccogliere informazioni sulle pratiche di tracciabilità e sulla conformità alle politiche di approvvigionamento e a comprendere a monte i potenziali rischi ambientali e sociali”.

Non solo efficienza, servono anche iniziative di economia circolare. “Nel design del prodotto e nell’imballaggio, i marchi di VF implementano iniziative come il design monomateriale e l’uso di fibre naturali per migliorare le prestazioni allineandosi agli obiettivi di sostenibilità. Le azioni volte allo sviluppo di un imballaggio sostenibile, come il Sustainable Paper Bags e il progetto Naked Delivery, rimangono un pilastro fondamentale della strategia di sostenibilità ambientale di VF. La soluzione Naked Delivery, in collaborazione con l’European Outdoor Group’s Single jUse Plastic Project, è stata adottata lo scorso anno dal marchio The North Face e, in seguito, anche dai marchi Timberland, icebreaker, Kipling, Vans, Dickies e Napapijri”.

Con l’obiettivo di ridurre i rifiuti da imballaggio, “tutti i centri logistici Emea di VF stanno rimuovendo le buste di plastica prima di spedire i prodotti ai consumatori. In questo modo si garantisce che i rifiuti di plastica vengano riciclati correttamente e che l’onere non ricada sul consumatore. In quindici mesi (fino a ottobre 2023), il volume di prodotti spediti senza buste di plastica è stato di circa 1,6 milioni con oltre 16.000 kg di plastica raccolti e inviati al riciclo”.

The North Face, racconta il senior director sustainability di VF Corporation, “lo scorso anno ha adottato anche la soluzione Sustainable Papar Bag, seguita poi anche da Timberland e icebreaker. Tutte le scatole di cartone saranno sostituite da buste di carta. Timberland, ad esempio, ha già utilizzato più di 200.000 buste dal lancio del progetto e ha risparmiato almeno 33 tonnellate di materiale. Questa soluzione ci consente di ridurre i materiali (circa il 70% in meno di imballaggi di carta utilizzati, mantenendo livelli di qualità) e anche i costi”.

Il concetto di economia circolare, sottolinea Quass, “si è evoluto notevolmente dal semplice modello che prevede il reso in negozio dei capi usati, che è comunque ancora rilevante oggi. Su alcuni dei nostri marchi, stiamo iniziando a utilizzare etichette con QR code. Si tratta di un passo che ci porterà ancora più avanti lungo il percorso di valutazione e gestione della circolarità. L’obiettivo ultimo è quello di poter tracciare il prodotto e seguirlo per l’intero ciclo di vita. Dal punto di vista digitale, poter contare su questi punti di contatto con il consumatore e poter tracciare il prodotto ci fornirà dati utili non solo per VF ma anche per i nostri partner, come i riciclatori, che hanno bisogno di conoscere la composizione di un prodotto per gestirne correttamente il riciclo”.

Uno sguardo al futuro. “Nei prossimi cinque anni, il rapporto dell’industria della moda con la sostenibilità ambientale subirà probabilmente una trasformazione. I quadri normativi, come la Csrd e la Tassonomia Europea, daranno forma a una condotta aziendale più sostenibile, sottolineando la necessità di autenticità e trasparenza. La consapevolezza e la disponibilità dei consumatori a investire in prodotti eco-responsabili continueranno a crescere, spinti da una maggiore consapevolezza ambientale”.

“Le aziende, tra cui VF Corporation, saranno chiamate a svolgere un ruolo cruciale nel promuovere la collaborazione, l’adozione di pratiche sostenibili e, più in generali, i progressi dell’intero settore. La traiettoria che il cambiamento sta seguendo suggerisce che la scelta di prodotti sostenibili passerà dall’essere un optional a diventare lo standard prevalente” conclude Quass.

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(AdnKronos)

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