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L’Italia non è più su un sentiero di sostenibilità. Arretra rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030 e accumula ritardi soprattutto da un punto di vista normativo. Serve cambiare rotta e mettere in campo una strategia nazionale per accelerare la transizione ecologica del paese. A tirare le somme di un 2023 poco green è Enrico Giovannini, direttore scientifico di Asvis, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile che all’Adnkronos spiega anche quali sono le sfide del prossimo anno.

In particolare, spiega Giovannini, “su 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 l’Italia peggiora su sei punti rispetto al 2010, andando esattamente in direzione opposta ai sistemi della povertà e al disastro degli ecosistemi, sia marini che terrestri. Su altri 8 obiettivi invece registriamo un miglioramento molto contenuto e per 3 obiettivi siamo stabili”.

Non finiscono le cattive notizie: “aumentano le disuguaglianze territoriali, non solo tra nord e sud, ma anche all’interno delle diverse regioni, tra varie province, rispetto sempre ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile”. Secondo Giovannini, dunque, “bisogna cambiare passo. La strategia nazionale approvata dal governo, sviluppata in realtà dal governo Draghi, è un ottimo impianto, finalmente, con molti anni di ritardo e va ora messa in campo”.

Il governo, ricorda l’ex ministro, “si è impegnato a settembre, all’Onu, a fare un piano di accelerazione per gli obiettivi su cui siamo più indietro, cioè sostanzialmente tutti. Questo piano, quindi, va messo in cantiere subito in modo tale da finirlo entro marzo e incidere così sul documento d’economia e finanza di aprile”.

Parallelamente, proprio alla luce della Cop28 che da poco si è conclusa a Dubai, “ci sono tre cose da fare. La prima, una legge sul clima per l’Italia che non abbiamo, al contrario, dei grandi paesi europei. Secondo elemento, la revisione del Pniec, cioè del piano nazionale integrato energia e clima che è stato mandato in bozza a giugno ed è chiaramente inadeguato, per le stesse parole del governo. E poi l’adattamento ai cambiamenti climatici. Queste sono tre cose molto concrete che potrebbero dimostrare che l’Italia prende seriamente gli impegni di Cop28, ma più in generale pensa al nostro presente e al nostro futuro”.

La partita della transizione ecologica, dunque, è ancora aperta e lo è per le singole imprese che hanno deciso di andare in questa direzione. “Non a caso le imprese che stanno investendo in transizione ecologica e transizione digitale aumentano le quote di mercato, aumentano la produttività, aumentano l’occupazione e anche i profitti. Certo, ci sono molte difficoltà e speriamo da questo punto di vista che gli ultimi provvedimenti, dalle comunità energetiche alle aree idonee, possano far fare all’Italia quel salto sull’energia rinnovabile che altri paesi hanno già fatto”.

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(AdnKronos)

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