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Via libera del Consiglio dei ministri al Def 2023. “La prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese”, afferma il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, commentando il Documento di economia e finanza.

“Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro – prosegue Giorgetti – tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi. Inoltre riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell’essere persona”.

“È realistico puntare per i prossimi anni ad un aumento del tasso di crescita del pil e dell’occupazione, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale”, conclude il ministro.

IL DOCUMENTO – ”A fronte di una stima di deficit tendenziale per l’anno in corso pari al 4,35% del pil, il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5%) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso”, annuncia il Mef nella nota che illustra il Def. Secondo il ministero la riduzione del carico contributivo ”sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie e contribuirà alla moderazione della crescita salariale. Unitamente ad analoghe misure contenute nella legge di bilancio, questa decisione testimonia l’attenzione del Governo alla tutela del potere d’acquisto dei lavoratori e, al contempo, alla moderazione salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”.

“Gli obiettivi prioritari che ispirano e delineano la politica economica del governo possono essere sintetizzati nel sostegno alla crescita e al benessere dei cittadini, con nuovi interventi in favore di famiglie (in particolare per quelle numerose sono previste misure anche nella riforma fiscale) e imprese nonché misure destinate a rilanciare gli investimenti e rafforzare la competitività del Paese; la sostenibilità dei conti pubblici con una graduale riduzione di deficit e debito”, spiega la nota.

“Il Governo – si sottolinea quindi – è al lavoro per ottenere la terza rata del Pnrr. Sono in corso le interlocuzioni con le istituzioni europee per la revisione e la rimodulazione di alcuni degli interventi previsti dal Pnrr e delle relative milestone e target. È inoltre in fase di elaborazione il capitolo del programma relativo al REPowerEU, che comprenderà tra l’altro anche nuovi investimenti”.

“Per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo non basta soltanto il Pnrr. È necessario, infatti – si aggiunge – investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso di quello del Piano e che consenta di creare condizioni adeguate a evitare nuove fiammate inflazionistiche. È questo un tema che deve essere affrontato non solo in Italia, ma anche in Europa”.

Nel 2022 il rapporto debito/pil è risultato pari al 144,4%, 1,3 punti percentuali inferiore rispetto alla previsione del Dpb dello scorso novembre. Una diminuzione che, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico continuerà progressivamente a scendere nel 2023 al 142,1%, nel 2024 al 141,4, fino a raggiungere il 140,4% nel 2026, rileva una nota del Mef. “Tuttavia non possono essere ignorati gli effetti di riduzione del rapporto debito /pil che si sarebbero potuti registrare se il super bonus non avesse auto gli impatti sui saldi di finanza pubblica che sono stati finora registrati”, si aggiunge.

Il prodotto interno lordo quest’anno crescerà dell’1% su base programmatica e dell’1,5% nel 2024, si legge nel Documento. Il ministero dell’Economia spiega che nello scenario tendenziale, cioè a legislazione vigente, il pil è previsto crescere dello 0,9% nel 2023 e dell’1,4% nel 2024. Nel 2025 si prevede una crescita dell’1,3% (programmatica e tendenziale) e nel 2026 dell’1,1% (programmatica e tendenziale). ”La stima per il 2024 viene pertanto rivista al ribasso, dall’1,9 %, in confronto allo scorso novembre. La proiezione per il 2025 -secondo il ministero – è in linea con il Dpb, mentre la decelerazione prevista per il 2026 è dovuta a prassi metodologiche concordate a livello di Unione europea”.

“Le previsioni di crescita del Pil contenute nel documento si collocano nel solco già tracciato dal Documento programmatico di Bilancio (Dpb) di novembre e dalla legge di bilancio, confermando l’approccio prudente e realistico, finalizzato a mostrare serietà e affidabilità sia ai mercati sia all’Unione Europa, e che punta a raggiungere risultati più ambiziosi, si legge.

Il Def tiene conto di un quadro economico-finanziario che, nonostante l’allentamento negli ultimi tempi degli effetti negativi derivanti dalla pandemia e dal caro energia, rimane incerto e rischioso a causa della guerra in Ucraina, di tensioni geopolitiche elevate, del rialzo dei tassi di interesse ma anche per l’affiorare di localizzate crisi nel sistema bancario e finanziario internazionale.

In questo contesto, “l’economia italiana continua a mostrare una notevole dose di resilienza e vitalità. Il 2022 si è chiuso con il Pil in aumento del 3,7% e, nonostante il rallentamento congiunturale della seconda metà dell’anno, i più recenti indicatori, tra cui gli indici di fiducia di famiglie e imprese, segnalano che nei primi mesi del 2023 l’economia del Paese ha ripreso a crescere”, si aggiunge.

Il Def punta quindi a ridurre gradualmente, ma in misura rilevante e sostenuta nel tempo, il deficit e il debito della pa in rapporto al Pil. Coerentemente con questo obiettivo, il governo conferma gli obiettivi di indebitamento netto presenti nel documento dello scorso novembre: 4,5% nel 2023, 3,7 nel 2024, 3 nel 2025, fino al 2,5 nel 2026.

Il Def prevede inoltre un andamento discendente della pressione fiscale che dovrebbe passare dal 43,3 nel 2023 al 42,7% entro il 2026.

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(con fonte AdnKronos)

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