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Sinisa Mihajlovic si è spento oggi a Roma dopo una battaglia di due anni e mezzo con la leucemia. Il 53enne serbo ha lottato come un leone fino all’ultimo contro la malattia come è sempre stato solito fare sia nella vita di tutti i giorni, sia nel calcio, in campo prima e in panchina poi. Figlio di una madre croata e di un padre serbo, nasce a Vukovar ma cresce nella vicina Borovo, all’epoca facenti parte della Jugoslavia governata da Tito.

Qui inizia a giocare a calcio nella squadra locale, poi a 19 anni passa nel Vojvodina per approdare nel 1990 alla Stella Rossa Belgrado, squadra con la quale vinse nel 1991 la Coppa dei Campioni. Nel 1992 Mihajlovic arriva nel campionato italiano grazie alla Roma, che lo acquista per 8,5 miliardi di lire. Con la formazione capitolina colleziona 54 presenze e 1 gol, contro il Brescia, 1 gol in Coppa Uefa contro il Dortmund, e 5 gol in Coppa Italia, di cui uno in finale contro il Torino. Nel luglio del 1994 viene acquistato in prestito dalla Sampdoria. Riscattato dai blucerchiati nell’estate successiva, vive a Genova una serie di stagioni esaltanti, diventando uno specialista dei gol su calcio di punizione.

Nel 1998 passa a titolo definitivo alla Lazio, guidata da Sven-Goran Eriksson, per una cifra vicina ai 22 miliardi di lire. Nel 1999 sigla il primo gol della storia biancoceleste in Champions League, nella prima gara della fase a gironi in casa del Bayer Leverkusen, pareggiata 1-1 proprio grazie ad un suo calcio di punizione del serbo. Durante la sua militanza biancoceleste realizza diverse reti decisive, come quello contro il Chelsea, sempre in Champions League, che vale la vittoria 2-1 a Stamford Bridge. Precedentemente in campionato, nel successo biancoceleste per 5-2 sulla Sampdoria del 13 dicembre 1998, aveva stabilito il record di una tripletta tutta da calcio piazzato.

Lascia la Lazio dopo sei stagioni, durante le quali vince un campionato (2000), due Supercoppe Italiane (1998 e 2000), una Supercoppa Europea (1999), una Coppa delle Coppe (1999) e due Coppe Italia (2000 e 2004). Dal 2004 al 2006 gioca per l’Inter, formazione della quale è il marcatore più anziano in campionato: in Ascoli-Inter dell’8 aprile 2006 (1-2) segna infatti un gol a 37 anni e 47 giorni. Con la squadra nerazzurra vince 2 Coppe Italia (nella prima finale di ritorno contro la Roma è sua la rete su punizione del definitivo 1-0) e uno scudetto, assegnato a tavolino alla società lombarda a seguito dello scandalo Calciopoli.

Appesi gli scarpini al chiodo inizia la carriera da allenatore. Dal 1º luglio 2006 al 29 maggio 2008, è il secondo di Roberto Mancini in panchina, per poi lasciare l’incarico poco dopo l’arrivo di José Mourinho. Con il tecnico marchigiano, Mihajlovic ha vinto due campionati italiani, nella stagione 2006-2007 e nella stagione 2007-2008, nonché la Supercoppa italiana del 2006. Dal 3 novembre 2008 è stato il tecnico del Bologna, subentrato all’esonerato Daniele Arrigoni. Il 14 aprile 2009, dopo una serie di risultati non positivi culminata con la sconfitta interna per 1-4 contro il Siena, la quarta consecutiva per i rossoblù, viene esonerato e sostituito da Giuseppe Papadopulo. Durante il suo mandato, Mihajlovic ha ottenuto 20 punti che risultarono fondamentali nell’ottenimento della salvezza dei rossoblù.

Nel Dicembre 2009 prende il posto di Atzori al Catania e porta gli etnei al 13° posto conquistando una salvezza tranquilla con il record di punti in Serie A per la squadra siciliana. Il 3 giugno 2010, la Fiorentina annuncia ufficialmente di avere ingaggiato l’allenatore serbo che siederà sulla panchina viola al posto di Cesare Prandelli. La prima stagione in viola si conclude con un 9º posto in classifica ma l’inizio della stagione successiva è negativo e il 7 novembre seguente, all’indomani della sconfitta per 1-0 con il Chievo fuori casa, viene esonerato e sostituito da Delio Rossi. Il 21 maggio 2012 diventa il nuovo commissario tecnico della Nazionale serba firmando un contratto quadriennale ma il 20 novembre 2013 lascia la Nazionale serba dopo 19 incontri ufficiali (7 vittorie, 8 sconfitte e 4 pareggi) per tornare in Italia ad allenare la Sampdoria.

Il 24 novembre, all’esordio sulla panchina blucerchiata, pareggia per 1-1 contro la Lazio, dopo essere stato in vantaggio fino al 94′. Conclude la stagione al 12º posto con 45 punti totali. Nella stagione 2014-2015 la Sampdoria in classifica si mantiene in zona Champions per buona parte del campionato e chiude al 7º posto. Il 1º giugno 2015 annuncia l’addio al club genovese con una lettera pubblicata sul sito della squadra. Il 16 giugno 2015, diventa il nuovo allenatore del Milan, firmando un contratto biennale e subentrando a Filippo Inzaghi. Esordisce sulla panchina rossonera il 17 agosto seguente, vincendo per 2-0 il terzo turno preliminare di Coppa Italia a San Siro contro il Perugia. Il 25 Ottobre lancia all’esordio da titolare a soli 16 anni di Gigio Donnarumma nella partita casalinga vinta 2-1 contro il Sassuolo.

Il 31 gennaio 2016 riporta il Milan a vincere un derby con il risultato di 3-0 (l’ultima volta che si è verificato questo risultato risaliva alla stagione 2010-11). Conquista la finale di Coppa Italia ma, a seguito della sconfitta casalinga 1-2 contro la Juventus in campionato, giunta al culmine di una serie di prove negative con 5 partite consecutive senza vittorie, il 12 aprile 2016 viene esonerato e sostituito da Cristian Brocchi. Il 25 maggio 2016 viene ufficializzato come nuovo allenatore del Torino, subentrando a Gian Piero Ventura. Esordisce sulla panchina granata il 13 agosto 2016 allo Stadio Olimpico Grande Torino con la vittoria interna per 4-1 sulla Pro Vercelli nel terzo turno di Coppa Italia. La squadra termina il girone di andata siglando il record di punti dell’era Cairo (29) ma un girone di ritorno meno brillante garantisce al Torino la nona posizione complessiva, con il sesto attacco (71 gol fatti) e la quart’ultima difesa (66 gol subiti).

Il 4 gennaio 2018, all’indomani della sconfitta per 2-0 con la Juventus nei quarti di finale di Coppa Italia, viene esonerato. Il 18 giugno 2018 viene nominato tecnico dello Sporting Lisbona, ma viene sollevato dall’incarico appena nove giorni dopo dal nuovo presidente della squadra portoghese, non potendo di fatto iniziare la sua prima esperienza su una panchina di club non italiano. Il 28 gennaio 2019 viene annunciato come nuovo tecnico del Bologna in sostituzione dell’esonerato Filippo Inzaghi, tornando così ad allenare la squadra felsinea dopo dieci anni. Conduce la squadra emiliana alla salvezza con un turno d’anticipo pareggiando per 3-3 con la Lazio il 20 maggio e con la vittoria sul Napoli per 3-2 all’ultima giornata il Bologna arriva decimo con 44 punti, 30 dei quali conquistati nelle 17 partite della gestione Mihajlovic (9 vittorie, 3 pareggi e 5 sconfitte). Il 13 luglio 2019, a poche settimane dal rinnovo contrattuale con il Bologna, Mihajlovic comunica in conferenza stampa di aver contratto una forma acuta di leucemia e di volersi sottoporre quanto prima alle relative cure, che gli avrebbero tuttavia impedito di svolgere regolarmente il ruolo di allenatore.

Ciononostante il direttore sportivo del club Walter Sabatini conferma l’intenzione da parte della dirigenza di mantenere il serbo nel ruolo di tecnico della squadra sino alla scadenza naturale del contratto da poco sottoscritto. Il 25 agosto, ancora in cura presso l’ospedale Sant’Orsola di Bologna e dopo 44 giorni di ricovero, torna a sorpresa a sedersi in panchina nella gara d’esordio di campionato in casa del Verona, partita terminata con il punteggio di 1-1. Alla sua seconda stagione in Serie A alla guida della squadra di Bologna arriva 12º con 47 punti. Alla sua terza stagione conferma il 12º posto con 6 punti in meno rispetto alla stagione precedente. Segue un 13º posto con 46 punti. Il 6 settembre 2022, dopo un avvio di campionato contrassegnato da tre pareggi, due sconfitte e una vittoria in Coppa Italia, viene esonerato con la squadra in quel momento dodicesima dopo sole cinque partite disputate.

LA LETTERA DOPO L’ESONERO AI TIFOSI DEL BOLOGNA

“Mi è capitato spesso di salutare tifosi, giocatori, società, città, per dire addio o arrivederci. Fa parte della carriera di un calciatore e di un allenatore andare via prima o poi. I cicli sportivi nascono, si sviluppano, regalano soddisfazioni, a volte delusioni e poi inevitabilmente finiscono. Nulla è eterno. Ma stavolta il sapore che mi lascia il mio voltarmi indietro un’ultima volta è più triste.

Perché non saluto solo una tifoseria che mi ha voluto bene e appoggiato in questi tre anni e mezzo ricchi di calcio e di vita, di lacrime di gioia e di dolore, di successi, cadute e ripartenze. Saluto dei fratelli e dei concittadini. La mia avventura a Bologna non è stata solo calcio, non è stata solo sport… E’ stata un’unione di anime, un camminare insieme dentro un tunnel buio per rivedere la luce. Ho sentito la stima per l’allenatore e quella per l’uomo. Il vostro calore mi ha scaldato nei momenti più difficili. Ho cercato di ripagare tutto questo affetto con il mio totale impegno e attaccamento alla maglia: non risparmiandomi mai sul campo o da un letto di ospedale.

Tanti anni in Italia e la sofferenza vissuta mi hanno addolcito, ma non cambiato del tutto. Ho smussato qualche angolo, ma resto un serbo spesso duro, schietto, brusco: non sempre ho saputo esprimere i miei sentimenti di gratitudine. Magari non so regalare troppe parole dolci, non so lanciarmi in tanti abbracci: ma ho risposto “presente” con il mio feroce senso del dovere, non trascurando nulla del mio lavoro, svolgendo al massimo il mio ruolo, anche nelle condizioni più drammatiche, per regalare ai tifosi e al Bologna le soddisfazioni che meritano. Spero di esserci riuscito almeno in parte. Nei nostri tre anni e mezzo insieme abbiamo ottenuto un incredibile decimo posto, poi due volte un dodicesimo e infine un tredicesimo. Raggiungendo sempre, nonostante tutto – e sapete bene cosa è stato quel “tutto” -, una salvezza tranquilla: provando a fare un calcio propositivo e offensivo, lanciando giovani e permettendo al club di guadagnare molto col mercato in uscita, come dimostrano le ultime sessioni. Potevo fare ancora meglio? Forse. Ho dato tutto me stesso? Sì, senza il minimo dubbio. E questo mi permette di guardare tutti a testa alta e non rimproverarmi nulla.

Se ci sono riuscito però è anche merito di voi tifosi e di tutta Bologna. Non dimenticherò mai le vostre processioni al santuario di San Luca per me, gli incoraggiamenti, i “forza Sinisa non mollare” quando mi incontravate per strada, a Casteldebole, allo stadio. E la mia emozione quando ho ricevuto la cittadinanza onoraria sentendomi un bolognese tra i bolognesi.

Non sono mai stato un ipocrita, non lo sarò neanche stavolta: non capisco questo esonero. Lo accetto, come un professionista deve fare, ma ritenevo la situazione assolutamente sotto controllo e migliorabile. La società non era del mio stesso avviso. Siamo appena alla quinta giornata, faccio fatica a pensare che tutto questo dipenda solo dagli ultimi risultati o dalla classifica e non sia una decisione covata da più tempo. Peccato. Ci tengo però a dire, che le mie condizioni di salute sono buone e in costante miglioramento. Io non mi sto più curando, sto solo facendo controlli sempre più saltuari. Ho seguito a Casteldebole tutti gli allenamenti in queste settimane: l’unico mio temporaneo impedimento è quello di non poter espormi per troppe ore a un sole forte. Ma non sono mancato un giorno. Nulla mi impedisce di lavorare e di andare in panchina. Non è questo il momento per analisi calcistiche sull’ultimo periodo, sul mercato, sulla gestione di alcune situazioni che non mi hanno trovato d’accordo. Ora, nel ricordare tanti momenti unici e indimenticabile, voglio solo dire grazie.

Grazie agli appassionati tifosi del Bologna. Alla società, con qualche mia lecita esclusione. Al presidente Saputo che mi ha permesso di lavorare qui per tre anni e mezzo, dimostrandomi a lungo fiducia. Ai vecchi dirigenti di questi anni, da Claudio Fenucci a Walter Sabatini a Riccardo Bigon, che mi sono sempre stati vicini, in campo e fuori. Al settore medico, della comunicazione e a tutte le componenti che lavorano per il Bologna ogni giorno con amore e passione. Al mio staff, che mi ha sempre supportato. Ai miei giocatori che in queste stagioni non si sono mai tirati indietro: spero di averli migliorati e fatti crescere. Hanno sopportato i miei rimproveri, a volte duri, e mi hanno dimostrato in più occasioni, commovendomi, di volermi bene come io ne ho voluto sinceramente tanto ad ognuno di loro.

Ringrazio infine l’ospedale Sant’Orsola, una delle eccellenze di questa meravigliosa città e cito, per tutti, la dottoressa Francesca Bonifazi.
Auguro al Bologna e a tutti i tifosi i migliori successi sportivi: al mio successore lascio un gruppo sano, una cultura del lavoro e, credo, dei valori importanti condivisi con questo ambiente.
Ci rivedremo, spero presto, sul campo. Qualunque maglia vestirò, non sarò mai un avversario, ma sempre uno di Voi”.

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