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Quasi quattro anni fa avveniva l’accordo fra Roma e Parigi per l’acquisto di Fincantieri dei cantieri navali della STX- Saint Nazaire che aveva suscitato sentimenti ed opinioni alterne: alcuni entusiasmi ma anche molte perplessità.

Entrambe quelle opinioni erano rispettabili; gli entusiasmi di alcuni erano motivati da un orgoglio italico per la propria industria e anche da una mossa assai significativa orientata a dar corpo a quel sistema integrato della Difesa europea, iniziando da una fusione delle diverse industrie del comparto tentando di spezzare quella diffidenza che è stata la causa principale del fallimento finora della costituzione di una unica Difesa dell’Ue. Gli scettici invece avevano espresso grossi dubbi, per la possibile perdita di ‘’sovranità’’ dell’industria italica, sia nel campo delle costruzioni commerciali, ma soprattutto per l’impatto su quelle militari, nei riguardi dei francesi che disquisivano, facendo i preziosi, se consentire un accordo fra un loro cantiere decotto, in fallimento, con uno italiano in ottima salute. Per inciso quando si parla in Ue di ‘’Difesa comune’’, e soprattutto ora che gli UK sono usciti con la Brexit, se si tratta di cooperazione stretta fra le industrie della Difesa, si intende il dominio dell’industria francese che in modo aggressivo annichilisce o fagocita quelle analoghe di altre Nazioni: una leadership industriale ed economica d’Oltralpe che lascia davvero poco spazio a discorsi etici Ue costituzionali di unità, fratellanza e mutua solidarietà europea.

Ciò che allora appariva obiettivamente strano e che ho avuto modo di stigmatizzare con un articolo ad hoc di quell’epoca, memore delle pregresse vicende all’argomento, era stata l’intesa sulla struttura dell’azionariato di quella neo-società, approvata da Macron e da Gentiloni, con il 50% fra le due parti, ma con l’aggiunta ‘’stramba e paradossale’’ di un ulteriore 1% concesso benevolmente dallo Stato francese, in subordine a verifiche periodiche biennali o anche occasionali, tese ad appurare un comportamento ‘’salutare e responsabile’’ di Fincantieri: un accordo in cui la labile maggioranza di quell’1%, legata a fatti imponderabili del tutto opinabili, ma anche ad un successivo più spinoso ‘’agreement’’ sulla componente militare, pertanto, non poteva essere destinato a durare a lungo.

Infatti è stato sufficiente confrontarsi con un’informazione, o forse con una ben organizzata fake-news che ventilava una tentata collusione di Fincantieri e di fantomatici rapporti con la Cina, a seguito di una lontana compartecipazione della stessa nei cantieri di Shanghai, per la costruzione della prima nave da crociera del Dragone, per pigiare quindi sul tasto sensibile della vulnerabilità circa la sicurezza: ciò poteva avere riflessi quasi esclusivamente sulla security delle costruzioni militari e assai marginalmente su quelle mercantili, ma tanto è bastato per incrinare pesantemente quell’accordo.

Il 31 gennaio 2021, scadeva l’ultima proroga concessa dai francesi all’accordo siglato in via definitiva a fine 2017; quindi, senza che quell’operazione fosse conclusa, le decisioni finali venivano lasciate ovviamente in capo ai due governi, ma in buona misura anche a Bruxelles, a cui ‘’i cugini’’ si erano rivolti, che avrebbe potuto estendere con una ulteriore proroga, tale accordo, in base agli specifici poteri dell’Antitrust Ue.

La proroga reiterata nella scadenza di eventi così importanti è indicativa della debolezza dell’accordo per tacere di altro, ed assomiglia, con una semplice metafora, a delle cambiali della storia che hanno un prezzo crescente con una indennità di mora via via aggiuntiva; il costo di tali eventuali proroghe con gli inevitabili tentennamenti lo paghiamo tutti indistintamente, chi più, chi meno, consentendo a periodi di crisi di incancrenirsi o ad alcuni malintenzionati di perpetrare le loro non sempre benevoli intenzioni, presentando poi il conto finale con gli interessi all’intera comunità.

Va anche detto che a complicare la situazione ha contribuito la pandemia del Coronavirus che ha provocato il crollo delle commesse delle grandi navi da crociera ma, più che altro, ha giocato la solita supponenza manifesta dei ‘’cugini’’ sempre disponibili ad acquistare beni italici, (da Vivendi a Stellantis e molte altre) ma indigesti ad accettare vendite contrarie: è noto infatti che i francesi preferiscono comprare le nostre aziende piuttosto che cedere le loro. Tuttavia mettere l’un contro l’altro quei cantieri andrà ad agevolare gli analoghi competitori cinesi che possono contare su un mercato interno protetto e di enormi dimensioni, mentre l’Europa con i suoi tipici tentennamenti e rinvii all’argomento ha fatto sì che quegli accorpamenti in grado di tenere testa a quelli asiatici non avvenissero, procrastinando sine-die quei già labili accordi fra Fincantieri ed STX- Naval Group.

In relazione a quelle presunte infrazioni i francesi, infatti, coinvolgono ed interpellano l’Antitrust europea perché appuri se in tale accordo si fossero evidenziate controindicazioni o violazioni alle regole pattuite e a quelle dell’Ue; il provvidenziale arrivo del coronavirus ha consentito, pertanto, di rinviare i vari giudizi in merito e di procedere per altre cinque proroghe successive, fino al giorno d’oggi: i cinesi ringraziano tanto l’Ue quanto Parigi, per quanto occorso.

La criticità di quell’accordo era connessa con le costruzioni joint militari che avrebbe potuto comportare un deciso spostamento delle industrie del sistema di combattimento che, con i propri sistemi di attacco e di difesa, rappresentano il ‘’golden item’’ delle navi militari, da quelle italiane – da Leonardo a Elettronica ed altre minori – che rischiano di diventare semplici fornitori, verso quelle francesi particolarmente aggressive sul mercato – dalla DGNS a Thales, ad MBDA, ecc. – con deciso nocumento di quelle nostrane e con impatti non trascurabili nei riguardi della nostra Marina Militare: è altrettanto noto che i francesi avrebbero voluto soprattutto il controllo del settore militare per la implicita notevole valenza e per le prospettive future.

L’ambiguità e gli equivoci che purtroppo hanno caratterizzato questa storia, tipici dei due popoli ‘’cugini’’, e che sono una costante nelle vicende europee, avevano consentito di fare annunci apologetici di quell’accordo ancora acerbo, prima che fosse strutturato e implementato, salvo poi incominciare a togliere le spine nel tempo e realizzare, via, via, quanto fossero strumentali gli intendimenti degli attori d’Oltralpe; anche noi, tacciati da sempre di isolazionismo e sovranismo da un lato e, dall’altro, di voler perseguire una politica europea di integrazione delle industrie della difesa, esattamente come, per certi versi, si tenta di professare il liberismo economico industriale e per converso si assiste ai più vasti interventi statali nei più diversi settori dell’economia: sono gli elementi che si attagliano in qualche modo a questa vicenda in cui, comunque, il ruolo dei francesi puzzava di zolfo fin dall’inizio. Sembra incredibile agli occhi di profani ma con ancora un minimo di raziocinio che un cantiere morente come l’STX-Saint Nazaire, la cui gestione era affidata ad un tribunale fallimentare di Seul, in quanto l’azienda era in mano per oltre il 60% ai sudcoreani, venisse all’improvviso ri-quotato come una risorsa vitale e produttiva! Mah!

Anche a livello comunicativo e dei reali contenuti aziendali ci sono differenze non trascurabili; nei mercati esteri, mentre di STX- Naval Group non si sente parlare, Fincantieri sta crescendo sensibilmente in aree importanti come dimostrano, fra gli altri, i mega-contratti più recenti firmati con l’emirato del Qatar per la costituzione della loro Marina, con la US Navy per l’aggiudicazione dell’Unità LCS, le litoral combat ships, ed una posizione assai ragguardevole nel progetto per la costruzione della potente classe Constellation.

Con ciò non ci si può cullare sugli allori; sicuramente si deve riscontrare un calo nei ricavi di Fincantieri correlato all’attuale pandemia, ma la creatività e l’imprenditorialità del nostro cantiere hanno consentito di differenziare il carico di lavoro in settori assai diversi, come mostra anche la primaria partecipazione alla ricostruzione record del Ponte Morandi di Genova, e resta a livello record (circa 37 miliardi di euro) con commesse fino a tutto il 2027: ciò, nonostante le voglie dei francesi e le ambiguità dei burocrati di Bruxelles che di certo non ci hanno favorito.

Più che di matrimonio fra Fincantieri e STX si può parlare, in definitiva, di anticipato divorzio dopo un lungo periodo di prova e di convivenza non felice durato oltre tre anni; se quell’operazione non è andata in porto e si è rotta quella stramba unione, non è il caso di strapparci le vesti: confidiamo nel vecchio adagio che ‘’non tutto il male viene per nuocere’’, anzi; se di naufragio si deve parlare chi ci ha rimesso di più non è certo la parte italiana, tutt’altro.

Giuseppe Lertora

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