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In un parco così tanto forestato come quello delle Foreste Casentinesi sarebbe impossibile vedere gli esemplari di cervo che si nascondono tra la vegetazione. L’unico modo per riconoscerli è sentirli. Ogni anno all’inizio dell’autunno, si sfrutta il bramito, e viene creata una rete di punti di ascolto in tutto il parco, dove 550 persone si mettono di notte ad ascoltare i bramiti e registrarne le localizzazioni. Un esempio concreto, questo, delle diverse modalità che la tutela della biodiversità può assumere, nella gestione quotidiana di patrimoni come quelli conservati nei Parchi Nazionali italiani.

Proprio per andare a scoprire tutte queste modalità, è nato Biodiversità in Volo, il progetto di Fondazione Una – Uomo, Natura, Ambiente, realizzato in collaborazione con Federparchi, che ha fatto tappa nelle Foreste Casentinesi, in occasione dei censimenti. “La collaborazione con Fondazione Una, dopo diverse tappe che hanno messo in luce le migliori misure messe in atto dai Parchi Nazionali per la conservazione delle specie particolarmente protette, contribuisce ora ad aumentare la consapevolezza su quale sia il significato, e il portato, degli interventi di gestione della biodiversità, che si gioca su equilibri particolarmente delicati – ha commentato Luca Santini, presidente di Federparchi -L’approccio scientifico dei censimenti è l’esempio ottimale per Federparchi di come procedere per la salvaguardia degli ecosistemi”.

“Una volta segnate sui moduli le registrazioni ci si mette a tavolino -spiega Andrea Gennai, direttore facente funzione del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi – si fa un lavoro di triangolazione e si scopre, a settembre il numero di maschi in età riproduttiva che bramiscono. Questo è un primo passo per poi, unito ai dati della primavera (il numero preciso dei cervi si avrà solo all’inizio dell’estate), per calcolare il numero complessivo della popolazione e la ripartizione in classe di sesso e di età”.

Oltre 500 persone partecipano a questo censimento, vengono da tutta Italia. ”Sono categorie molto ampie – continua Gennai – ricercatori, carabinieri, forestali, volontari, esponenti del mondo venatorio che tutti insieme, persone così diverse fra loro, lavorano per un unico obiettivo, quello di conoscere questa popolazione. Poi la gestione, a seconda dei luoghi è differenziata, ma il tentativo, lo sforzo per conoscere è uno sforzo comune”. Conoscere la popolazione che abita il Parco per chi ci lavora è importantissimo. Non solo per capire quanti siano gli esemplari da monitorare anno dopo anno.

”Significa capire anche se le scelte gestionali che fa il parco sono giuste – chiude Gennai – Questa popolazione sale o scende a seconda di quello che facciamo e anche se ci sono novità ambientali, un’esplosione di malattie, di predatori o di problemi che derivano dall’uomo, quindi monitorare nel tempo è il modo migliore per fare una gestione intelligente e calibrata”.

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(AdnKronos)


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